Donne afghane vittime di violenze e abusi come al tempo dei talebani
A Kunduz un leader locale lancia acido su un’intera famiglia per il rifiuto del padre a far sposare la figlia. Fonti di AsiaNews denunciano il persistere di una cultura tribale islamica al di sopra delle leggi civili e del rispetto dei diritti umani. Oltre il 50% delle detenute afghane è in carcere per adulterio.
Kabul (AsiaNews) – I casi di lapidazione, le violenze e gli arresti per adulterio mostrano che l’Afghanistan del presidente Karzai non è diverso da quello dei talebani per quanto riguarda i diritti delle donne. Lo scorso 30 novembre a Kunduz nel nord del Paese, il capo di una gang locale ha spruzzato dell’acido su un’intera famiglia perché il padre si era rifiutato di concedergli in sposa una delle tre figlie.Tutti i membri sono stati trasportati nel locale ospedale per curare le ustioni. A tutt’oggi l’uomo e la figlia più piccola sono in pericolo di vita.
La polizia ha avviato le indagini, ma secondo fonti locali gli agenti hanno paura e non vi sarà nessun arresto. Testimoni del villaggio raccontano che il capo della gang è in realtà un membro degli Arbakis, gruppo paramilitare nato per combattere i talebani nel nord dell’Afghanistan. Per il loro ruolo, polizia e popolazione li considerano al di sopra della legge, nonostante siano accusati di uccisioni sommarie, stupri e violenze.
Fonti di AsiaNews fanno notare che a 10 anni dalla caduta dei talebani, il Paese è ancora preda dell’islam radicale e delle tradizioni tribali. La popolazione considera la sharia come l’unica legge valida, non le leggi dei Paesi civili. A farne le spese sono soprattutto le donne. Per loro è proibito andare a scuola, scegliere il marito, avere un lavoro. Chi rimane vedova è espulsa dalla famiglia, tutti i suoi beni vengono requisiti.
Secondo un recente rapporto dell’associazione britannica Womankind Worldwide, più del 50% delle detenute afghane è in carcere per aver commesso adulterio. Lo scorso 10 novembre a Ghazni (138 km a sud ovest di Kabul), un gruppo di uomini aizzati dall’imam locale ha lapidato a morte due donne, una giovane vedova e la figlia, considerate adultere. Il fatto è avvenuto a 300 metri dalla locale stazione di polizia.
“La condizione di inferiorità della donna – afferma una fonte - è purtroppo molto radicata all’interno delle famiglie e della tradizione. L’uomo è ancora considerato al di sopra di tutto, non accetta l’evoluzione dell’altro sesso, che dai più è considerato un mero strumento di procreazione”.
La fonte sottolinea che la condizione della donna in Afghanistan, è una questione pseudo religiosa, il Corano non proibisce l’istruzione per il sesso femminile. “Nella mia scuola – spiega - la maggior parte degli insegnanti è donna. Molte ragazze frequentano la scuola primaria. Per incrementare la frequenza alle classi superiori, abbiamo istituito le borse di studio per tutte le ragazze per spingere le famiglie a farle studiare”.
L’evoluzione culturale della donna varia da città a città. A Kabul per le strade si vedono molte bambine che si recano a scuola in divisa con il velo colorato, ma nei villaggi anche a pochi chilometri dalla capitale, la situazione è molto differente. “I più accaniti nemici dell’educazione scolastica femminile -spiega la fonte - sono i Mullah, che in 10 anni non hanno accettato nemmeno quel poco di libertà che la caduta dei talebani ha concesso alle donne”. “Per cambiare sul serio questo Paese – continua - soprattutto dal punto di vista della dignità umana, è necessaria una rivoluzione culturale, non semplicemente un ribaltone politico. Molti occidentali pensano che l’aver nominato una donna governatore di Herat sia una grandissima conquista. Purtroppo non è così, è stata solo un’operazione di facciata, per mostrare agli stranieri la messa in pratica delle buone intenzioni del governo”.
La fonte di AsiaNews conclude che “i Paesi occidentali non possono accontentarsi della cacciata dei talebani. Per cambiare l’Afghanistan bisogna convincere i governanti a investire nell’educazione non solo nella sicurezza. Solo così di potrà promuovere nella società la tutela della dignità della persona e dei diritti umani. Senza questa evoluzione, il Paese resta fermo, rendendo inutili dieci anni di occupazione americana e la guerra contro i terroristi”. (S.C.)
La polizia ha avviato le indagini, ma secondo fonti locali gli agenti hanno paura e non vi sarà nessun arresto. Testimoni del villaggio raccontano che il capo della gang è in realtà un membro degli Arbakis, gruppo paramilitare nato per combattere i talebani nel nord dell’Afghanistan. Per il loro ruolo, polizia e popolazione li considerano al di sopra della legge, nonostante siano accusati di uccisioni sommarie, stupri e violenze.
Fonti di AsiaNews fanno notare che a 10 anni dalla caduta dei talebani, il Paese è ancora preda dell’islam radicale e delle tradizioni tribali. La popolazione considera la sharia come l’unica legge valida, non le leggi dei Paesi civili. A farne le spese sono soprattutto le donne. Per loro è proibito andare a scuola, scegliere il marito, avere un lavoro. Chi rimane vedova è espulsa dalla famiglia, tutti i suoi beni vengono requisiti.
Secondo un recente rapporto dell’associazione britannica Womankind Worldwide, più del 50% delle detenute afghane è in carcere per aver commesso adulterio. Lo scorso 10 novembre a Ghazni (138 km a sud ovest di Kabul), un gruppo di uomini aizzati dall’imam locale ha lapidato a morte due donne, una giovane vedova e la figlia, considerate adultere. Il fatto è avvenuto a 300 metri dalla locale stazione di polizia.
“La condizione di inferiorità della donna – afferma una fonte - è purtroppo molto radicata all’interno delle famiglie e della tradizione. L’uomo è ancora considerato al di sopra di tutto, non accetta l’evoluzione dell’altro sesso, che dai più è considerato un mero strumento di procreazione”.
La fonte sottolinea che la condizione della donna in Afghanistan, è una questione pseudo religiosa, il Corano non proibisce l’istruzione per il sesso femminile. “Nella mia scuola – spiega - la maggior parte degli insegnanti è donna. Molte ragazze frequentano la scuola primaria. Per incrementare la frequenza alle classi superiori, abbiamo istituito le borse di studio per tutte le ragazze per spingere le famiglie a farle studiare”.
L’evoluzione culturale della donna varia da città a città. A Kabul per le strade si vedono molte bambine che si recano a scuola in divisa con il velo colorato, ma nei villaggi anche a pochi chilometri dalla capitale, la situazione è molto differente. “I più accaniti nemici dell’educazione scolastica femminile -spiega la fonte - sono i Mullah, che in 10 anni non hanno accettato nemmeno quel poco di libertà che la caduta dei talebani ha concesso alle donne”. “Per cambiare sul serio questo Paese – continua - soprattutto dal punto di vista della dignità umana, è necessaria una rivoluzione culturale, non semplicemente un ribaltone politico. Molti occidentali pensano che l’aver nominato una donna governatore di Herat sia una grandissima conquista. Purtroppo non è così, è stata solo un’operazione di facciata, per mostrare agli stranieri la messa in pratica delle buone intenzioni del governo”.
La fonte di AsiaNews conclude che “i Paesi occidentali non possono accontentarsi della cacciata dei talebani. Per cambiare l’Afghanistan bisogna convincere i governanti a investire nell’educazione non solo nella sicurezza. Solo così di potrà promuovere nella società la tutela della dignità della persona e dei diritti umani. Senza questa evoluzione, il Paese resta fermo, rendendo inutili dieci anni di occupazione americana e la guerra contro i terroristi”. (S.C.)
Vedi anche