Domani la festa della “Liberazione dalla schiavitù” nel Tibet occupato
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – La Cina prepara festeggiamenti grandiosi per il “Giorno dell’emancipazione dei servi della gleba” che cade domani 28 marzo, nuova festa istituita quest’anno per commemorare l’occupazione cinese del Tibet. Pechino alza i toni e pretende che sia riconosciuta la sua opera benefica per il Tibet, ancora di fatto sotto legge marziale.
Ieri Qin Gang, portavoce del ministero degli Esteri, ha di nuovo invitato i media esteri a essere obiettivi e a dire la verità sul Tibet. Qin ha definito “un falso” il video che da alcuni giorni circola su internet e mostra la brutalità e la violenza della polizia cinese contro i dimostranti a Lhasa nel marzo 2008.
I media cinesi sono pieni di testimonianze di “chi c’era” quando il 28 marzo 1959 fu abolito la “teocrazia feudale” del Dalai Lama. Tutti parlano dei grandi progressi economici e sociali compiuti nella regione in questi decenni. Il Quotidiano del Popolo, organo ufficiale del Partito comunista, annuncia che 1,3 miliardi di cinesi faranno festa per commemorare l’emancipazione di un milione di “servi della gleba” tibetani.
La festa di domani vuole bilanciare le drammatiche ricorrenze di marzo: il 10 marzo 1959 quando ci fu l’ultima rivolta anticinese che Pechino ha stroncato nel sangue della popolazione tibetana, il 14 marzo 2008 quando esplosero proteste di piazza pure stroncate con oltre 200 morti e migliaia di arrestati. Per timore di nuove proteste, l’intera regione tibetana è da mesi interdetta a giornalisti e turisti esteri e occupata da decine di migliaia di soldati cinesi in assetto da guerra. Ma nelle fotografie di tibetani in festa pubblicate dai media cinesi, non si vedono soldati, né polizia.
Intanto il lavoro incessante di Pechino rende sempre più difficile agli altri Paesi avere rapporti con il Dalai Lama, Nobel per la Pace 1989. Il Sudafrica gli ha rifiutato il visto d’ingresso per partecipare alla Conferenza prevista oggi con la partecipazione dei premi Nobel per la Pace. In risposta altri premi Nobel, come l’arcivescovo Desmond Tutu e l’ex presidente sudafricano Fw de Klerk, hanno annunciato la loro diserzione e l’evento è stato rinviato.
Il 25 marzo un imbarazzato Themba Maseko, portavoce del governo sudafricano, ha ammesso che la decisione è stata presa per evitare problemi nei rapporti con la Cina. Ha aggiunto che il Dalai Lama non sarà “benvenuto” nel Paese fino a dopo la Coppa del mondo di calcio che sarà qui ospitata nell’estate 2010. Johannesburg vuole evitare il rischio di ritorsioni e boicottaggi.
L’incontro voleva lanciare un messaggio al mondo per usare il calcio per combattere ogni forma di razzismo.