21/01/2010, 00.00
INDIA – BHUTAN
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Dissidente bhutanese: governo democratico come la monarchia assoluta

di Nirmala Carvalho
Nel Paese si registrano ancora violazioni dei diritti umani, poca libertà di stampa e prigionieri politici. Oltre 90mila profughi espulsi negli anni ’90 attendono il rientro in patria.

Mumbai (AsiaNews) – “La costituzione del Bhutan garantisce  le basi per la democrazia. Ma le attività del nuovo governo democratico riflettono ancora quelle dell’antica monarchia assoluta”.  È quanto afferma Karma Dupto segretario del Druk National Congress, movimento politico bhutanese in esilio a New Delhi . Nonostante le prime elezioni democratiche avvenute nel 2008 nel Paese sono ancora molte le questioni irrisolte: i prigionieri politici sono ancora in carcere; mancano libertà di stampa e di associazione; soprattutto resta immutata la condizione dei 90mila rifugiati di origine dal 1990 chiusi nei campi profughi dell’Onu al confine con il Nepal.

Il Bhutan è un piccolo Paese della regione himalayana, stretto tra Cina, Inda, e Nepal e fino al 2007 è stato governato da una monarchia assoluta. Nel 2008 la salita al trono del 28enne re Jigme Khesar ha portato nuove speranze di apertura nel Paese e una possibile via di uscita per la popolazione rifugiata in Nepal. Questi erano stati espulsi dal Paese tra il 1977 e il 1991 durante la campagna di nazionalizzazione promossa dall’allora re Jigme Singye Wangchuck. Ma a tutt’oggi il nuovo governo bhutanese rifiuta il loro ritorno in patria e il Nepal non ha mai concesso loro la cittadinanza. Nel gennaio 2009 Usa, Australia e altri Paesi occidentali hanno dato asilo a 25mila rifugiati. Ciò per evitare una crisi umanitaria dovuta alla mancanza di fondi del World food program. 

“Per il Druk National Congress  - afferma Dupto – la comunità internazionale compresa l’India, dovrebbe battersi per il rimpatrio dei profughi”. Infatti dei 90mila rifugiati ancora nei campi, in migliaia hanno rifiutato di emigrare nei Paesi esteri con la speranza di rientrare nei propri villaggi. Per il leader l’unica soluzione è costringere il governo bhutanese a ridare la cittadinanza agli espulsi.

Dupto dice che anche la popolazione residente in Bhutan subisce continue violazioni dei diritti umani.

“La gente – afferma Dupto – vive con la paura di continue repressioni da parte dell’autorità e non esprime mai la sua opinione”.  “La libertà di parola e di espressione – afferma il leader – sono garantite dall’art. 7 della nuova costituzione”. Egli spiega che il governo continua però a vietare la pubblicazione dei documenti politici fatti dai bhutanesi in esilio che chiedono una piena democrazia e vieta ai giornalisti stranieri di visitare le aree in prossimità dei campi profughi.  “I media – continua Dutpo - sono sotto il controllo del governo che proibisce la visione dei canali stranieri considerati violenti e osceni”.

Secondo il dissidente sono centinaia i prigionieri politici ancora in carcere in attesa di scarcerazione. “L’indipendenza e l’efficienza del sistema giudiziario è infatti dubbia – afferma – pochi sforzi sono stati fatti per riformare la Corte suprema e renderla libera dall’influenza del governo”. Secondo il giornale governativo Kuensel da novembre la Corte è guidata da un solo giudice, unico in grado di firmare i documenti necessari per la scarcerazione dei dissidenti.

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