25/07/2011, 00.00
COREA - STATI UNITI - GIAPPONE
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Disarmo nucleare, gli Usa “aprono” a Pyongyang

Dopo più di due anni di stallo, il Segretario di Stato Clinton invita a New York il vice ministro degli Esteri nordcoreani per trattare la ripresa dei colloqui a sei sul disarmo. Ma chiarisce: “Non vogliamo fare concessioni o dare premi”. Il regime dei Kim, allo stremo, è costretto ad accettare.
Seoul (AsiaNews) - Dopo più di due anni di gelo diplomatico, le cancellerie di Seoul e Washington sembrano voler riaprire il tavolo dei colloqui sul disarmo nucleare alla Corea del Nord. Colpevole di aver compiuto esperimenti atomici proibiti, il regime di Pyongyang era stato allontanato dai “Colloqui a sei sul disarmo” - cui partecipano le due Coree, gli Stati Uniti, la Russia, la Cina e il Giappone - e gli erano state imposte delle durissime sanzioni economiche. Oggi, pur senza fare grosse concessioni, l’America sembra invece voler superare questa situazione.

Il governo statunitense si è espresso per bocca del Segretario di Stato Hillary Clinton, che ieri ha invitato il vice ministro degli Esteri nordcoreano Kim Kae-gwan a New York per “discutere dei prossimi passi necessari per la ripresa dei colloqui sulla denuclearizzazione”. Parlando al margine del vertice Asean in corso in Indonesia, la Clinton ha chiarito: “Non intendiamo semplicemente premiare Pyongyang perché ritorni al tavolo. Non daremo nulla in cambio di promesse che hanno già fatto e mai mantenuto. Ma si deve andare avanti”.

In un comunicato congiunto, inoltre, i governi di Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud affermano che il regime di Kim Jong-il “deve dare delle risposte esaurienti sul proprio programma di arricchimento dell’uranio, prima che i colloqui ripartano”. Seoul, però, ha accettato di mantenere separata la questione del disarmo dagli attacchi ordinati alcuni mesi fa da Pyongyang, che portarono all’affondamento di una corvetta militare e alla morte di alcuni civili su un’isola di proprietà del Sud.

Si tratta senza dubbio di un grande passo in avanti, motivato da questioni opposte. Il regime del “Caro Leader” è allo stremo, e le sanzioni economiche hanno distrutto la sua già fragile economia; la popolazione vive quasi del tutto al di sotto della soglia della povertà e non ci sono grandi svolte in vista. Da parte loro, i governi dei tre Paesi si sono resi conto che la Cina - grande “protettrice” della Corea del Nord - non ha intenzione di usare il pugno di ferro con Pyongyang. Quindi rimane soltanto la strada della diplomazia, prima di un intervento militare.
 
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