Dieci giornalisti alla terza udienza contro Aung San Suu Kyi, che resta in carcere
La giunta militare autorizza l’ingresso di cinque reporter stranieri estratti a sorte, altrettanti dalla stampa filo-governativa. Nel pomeriggio previsto un incontro fra la leader dell’opposizione e un gruppo di diplomatici. Pressioni da Nazioni Unite e Asean per il rilascio.
Bangkok (AsiaNews) – Un gruppo di giornalisti ha ottenuto il permesso di assistere alla terza udienza del processo a carico di Aung San Suu Kyi; nel pomeriggio una rappresentanza diplomatica straniera incontrerà la leader dell’opposizione, detenuta nel carcere di Insein, a Yangon. È la doppia mossa a sorpresa decisa oggi dalla giunta militare in Myanmar, che ha però proibito l’ingresso di videocamere o registratori in aula.
All’uscita i cronisti hanno riferito che Aung San Suu Kyi “appare in buone condizioni di salute e di spirito”. Un reparto della sicurezza è però intervenuto per fermare la fuga di notizie. I cronisti si sono quindi avviati verso gli uffici del partito di opposizione Lega nazionale per la democrazia (Nld). Il gruppo di reporter che ha assistito al processo era composto da cinque giornalisti dei principali media internazionali e altrettanti della stampa locale, pro-governativa. La scelta è stata effettuata estraendo i nomi a sorte. Reuters, Agence France-Presse (AFP), NipponTV, Sankei Shimbun e Jiji Press i media autorizzati ad entrare. Win Tin, del comitato esecutivo della Nld, sottolinea che “di qualunque cosa si tratti, la situazione è certamente fuori dall’ordinario”. Egli aggiunge “di sentirsi un pochino meglio” ora che i media “hanno avuto l’autorizzazione” ad assistere al processo.
La giunta militare ha inoltre acconsentito a un incontro fra Aung San Suu Kyi e un gruppo di diplomatici stranieri: fra questi vi sono Russia, Thailandia e Singapore. Il faccia a faccia è previsto nel pomeriggio, al termine dell’udienza. Fonti locali riferiscono dell’ingresso in carcere di 25 auto con targa diplomatica, tra cui Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia.
Nel frattempo continua il lavoro della diplomazia internazionale. I membri del Consiglio di sicurezza Onu potrebbero emettere un comunicato sulla vicenda, ma non si è ancora raggiunto un accordo sulle parole e sul tipo di documento (comunicato stampa del Consiglio o nota della presidenza, che ha maggior peso). Cina, Russia e Giappone chiedono un “approccio cauto” che eviti uno scontro frontale con la giunta birmana. Stati Uniti, Regno Unito e Francia hanno già espresso la condanna per l’arresto della Nobel per la pace.
Ieri Abhisit Vejjajiva, primo ministro della Thailandia, a nome dei Paesi membri dell’Asean ha chiesto il rilascio di Aung San Suu Kyi. “L’Asean intende ricoprire un ruolo costruttivo nella vicenda” ha commentato il premier. “Siamo pronti a prendere parte nel dialogo volto alla riconciliazione, in modo che il Myanmar compia dei progressi nel cammino verso la democrazia”.
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