Dialogo interreligioso per fermare l’odio nei media e nella società
di Nirmala Carvalho
A pochi giorni dalla Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, mons. Thomas Dabre, vescovo indiano e membro dei Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, descrive ad AsiaNews il peso dei media nella società indiana.
Mumbai (AsiaNews) - “Bisogna affrontare le comunicazioni sociali nello spirito di un autentico ed integrale dialogo interreligioso. È un imperativo pastorale per la Chiesa in Asia”. A pochi giorni dalla Giornata mondiale per la comunicazioni sociali, mons. Thomas Dabre, vescovo eletto di Pune, ha descritto ad AsiaNews rischi e opportunità che i media offrono alla convivenza nella società indiana.
Il tema della 43ma Giornata è “Nuove tecnologie, nuove relazioni. Promuovere una cultura di rispetto, di dialogo, di amicizia”. Per mons. Dabre, membro dei Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, c’è un legame inscindibile tra comunicazioni sociali e dialogo interreligioso. Egli è convinto che tutti i mezzi di comunicazione siano “un importante risorsa per l’incontro tra culture e religioni”, ma nel contempo afferma che “i media hanno bisogno del dialogo interreligioso per poter essere strumenti di vera comunicazione tra persone e popoli”.
“Tutti i progressi nel campo della scienza e della tecnologia, lo sviluppo ed il progresso del scena internazionale, la riduzione della comunità mondiale in un villaggio globale - afferma mons. Dabre - portano con sé il rischio di un annichilimento, il pericolo di un vuoto se il dialogo interreligioso non è posto alla base delle comunicazioni sociali”.
Nel messaggio per la Giornata, il Papa afferma che “la nuova arena digitale permette di incontrarsi e di conoscere i valori e le tradizioni degli altri”, ma invita ad un dialogo “radicato in una ricerca sincera e reciproca della verità, per realizzare la promozione dello sviluppo nella comprensione e nella tolleranza”.
Per mons. Dabre l’India di oggi offre un esempio importante delle potenzialità dei media e delle responsabilità di chi vi opera. “Il voto è stata una chiara scelta in favore di un governo laico” una risposta “ai partiti che dividono e fomentano gli estremismi religiosi”. Mentre “fondamentalismo e fanatismo cercano di stendere le loro mani mostruose su diversi Paesi dell’Asia i media assumono una responsabilità crescente per cui è urgente sottolineare lo spirito interreligioso nell’insegnamento delle comunicazioni sociali”.
Parole come “amicizia” e “dialogo”, al centro del messaggio di Benedetto XVI, diventano sempre più importanti anche davanti ai problemi della società di oggi. Per il vescovo “povertà, malattia, analfabetismo, discriminazione delle donne, emarginazione dei popoli, degrado culturale possono essere affrontati solo con la collaborazione dei miliardi di fedeli delle diverse religioni”. In questo “le comunicazioni sociali possono giocare un ruolo davvero importante” perché “la loro efficienza, capacità e velocità ci offrono una incredibile opportunità per utilizzare le risorse delle religioni nell’affrontare i problemi con cui dobbiamo fare i conti oggi”.
I media ed il cosiddetto cyberspazio sono decisivi anche per la libertà religiosa e l’evangelizzazione. Mons. Dabre afferma che “c’è molta confusione e disaccordo tra tanti non cristiani su temi come l’evangelizzazione, la conversione, il ruolo di unico mediatore di Gesù e della Chiesa”. È anche da questa confusione che nascono “le sofferenze che la Chiesa patisce a causa del fondamentalismo in luoghi come l’Orissa, il Gujarat, Mangalore, Pakistan o Indonesia”. I media devono contribuire alla chiarezza e alla conoscenza e per questo “chi segue gli studenti che studiano comunicazioni sociali - afferma il vescovo - dovrebbe prepararli a prevenire i pregiudizi, le interpretazioni univoche e negative della religione nei media e nella società”.
I giovani, in particolare quelli cattolici a cui il Papa rivolge il suo invito “a portare nel mondo digitale la testimonianza della loro fede”, sono un altro punto decisivo del legame tra media e dialogo interreligioso affermato da mons. Dabre. Egli ricorda che in India “ci sono circa 36 college e facoltà universitarie che offrono corsi di comunicazione e giornalismo”. È “una piccola cosa in un Paese abitato da oltre un miliardo di persone”, ma anche un segno importante perché “molti degli studenti che frequentano le istituzioni cattoliche non sono cristiani. E anche se professano diversi credo accettano il programma di studi che non ha uno specifico orientamento religioso”.
Per mons. Dabre l’educazione delle giovani generazioni che vogliono lavorare nei media è una grande sfida. “La secolarizzazione, che sta escludendo la religione dalla vita pubblica relegandola nell’ambito privato, sta entrando in modo sempre più strisciante nelle istituzioni educative dei gruppi religiosi dell’Asia”. Educatori e adulti sono quindi chiamati a contrastare “l’esclusione della dimensione trascendente spirituale della verità” e fornire ai giovani gli strumenti adeguati per “confrontarsi con una società materialistica che mira verso i beni transitori e trascura quelli spirituali”.
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