Dhaka, l’Alta Corte respinge la petizione: l’islam resta religione di Stato
I giudici hanno chiarito che gli estensori della richiesta, avanzata per la prima volta 28 anni fa, non hanno la possibilità costituzionale di farlo. Segretario di Giustizia e pace: “Rattristati, quando riceveremo la sentenza completa decideremo se appellarci o meno alla Corte Suprema”.
Dhaka (AsiaNews) – L’Alta Corte del Bangladesh ha respinto la petizione che chiedeva l’abolizione dell’islam come religione di Stato. I giudici hanno chiarito che alla base del rifiuto vi è un problema di procedura: coloro che hanno presentato la richiesta non hanno la possibilità costituzionale di farlo. La decisione è stata accolta con gioia da centinaia di musulmani, che hanno sfilato per le strade di Dhaka per festeggiare.
La decisione di mettere in discussione la religione di Stato nasce 28 anni fa da una petizione presentata da scrittori, educatori e attivisti, con l’obiettivo di ridurre le violenze dei radicali islamici contro le minoranze religiose. Con il tempo molti estensori della petizione sono morti, e altri hanno preso il loro posto per portare avanti la battaglia legale. Alcuni ritengono che la decisione di ammettere dopo tanto tempo la petizione sia nata da pressioni del governo Hasina, che vuole limitare i movimenti islamici più fondamentalisti.
La comunità cristiana ha accolto con favore generale la proposta; quella islamica è invece divisa tra chi afferma la “legittimità costituzionale” dell’elemento religioso in un Paese dove i musulmani rappresentano il 90% della popolazione, e chi ritiene che lo Stato debba “rappresentare in egual misura tutti i cittadini”.
Nella prima Costituzione del Bangladesh, varata nel 1971 dopo aver raggiunto l’indipendenza dal Pakistan, l’elemento confessionale era assente. Nel 1988 con l’ottavo emendamento le autorità militari del Bangladesh hanno inserito nella carta fondamentale l’islam come religione ufficiale.
Secondo gli attivisti promotori della petizione, negli ultimi mesi la religione islamica è stata utilizzata per “giustificare” una serie di violenze e discriminazioni nei confronti di cristiani, indù e sciiti. Le minoranze sono bersaglio di fondamentalisti senza scrupoli che attaccano proprietà private dei cristiani, chiese, ma anche sacerdoti indù, blogger, scrittori e attivisti colpevoli di essere “atei”.
Theophil Nokrek, segretario della Commissione episcopale Giustizia e pace, dice ad AsiaNews: “Si tratta di una decisione che ci addolora. La nostra nazione era nata secolare, ma con il dittatore HM Ershad ha assunto un carattere islamico per dare benefici politici al governo. E ora noi, membri delle minoranze, siamo vittime di quella decisione”. Una volta ricevuto il testo completo della sentenza, conclude, “decideremo se appellarci o meno alla Corte Suprema”.