21/09/2024, 09.00
BANGLADESH
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Dhaka, aumentano le violenze e i linciaggi: almeno 35 morti in due mesi

di Sumon Corraya

Gli episodi più recenti sono legati soprattutto a sospetti di furto o affiliazioni politiche. Diversi scontri si sono verificati all'interno delle università. Tra le cause principali si contano l’instabilità politica e la sfiducia nel sistema giudiziario.

Dhaka (AsiaNews) - Da due mesi il Bangladesh è sconvolto da una serie di episodi di violenza collettiva che hanno causato la morte di almeno 35 persone. Gli omicidi sono avvenuti in contesti di giustizia sommaria, spesso sulla base di accuse di furto o di sospette affiliazioni politiche. Un'ondata di linciaggi è stata alimentata dall’instabilità politica dopo la fuga dell'ex premier Sheik Hasina e dalla mancanza di fiducia nel sistema giudiziario.

Uno degli episodi più brutali è stato l’omicidio di Tofazzal Hossain, picchiato dagli studenti dell'Università di Dhaka lo scorso mercoledì. Hossain, che pare soffrisse di problemi mentali, è stato accusato di furto e trattenuto nella Fazlul Haque Muslim Hall, dove è stato torturato per oltre due ore. Durante una pausa dalle aggressioni, gli studenti hanno scattato una foto di Hossain mentre mangiava riso in mensa, ma poco dopo la violenza è ripresa. Trasportato in ospedale a tarda notte, Hossain è stato dichiarato morto dai medici. In seguito, la sua famiglia ha denunciato che gli aggressori avevano chiesto un riscatto di 35mila taka (circa 320 dollari) per la sua liberazione. Cinque studenti sono stati arrestati, mentre le autorità universitarie hanno condannato l'accaduto come "inumano e inaccettabile".

Nello stesso giorno, è stata riportata anche la morte di Mo Shamim, ex studente dell'Università di Jahangirnagar (JAB). Anche Shamim è stato picchiato a morte da un gruppo di studenti, che lo sospettavano di attività criminali. Nonostante alcuni tentativi di mediazione, Shamim è stato portato all'ufficio per la sicurezza dell'università, ma è deceduto prima che potesse ricevere aiuto. La polizia è intervenuta troppo tardi e otto studenti sono stati temporaneamente espulsi in seguito all'episodio. Il 7 settembre Abdullah Al Masood, ex leader della Rajshahi University Chhatra League, l'organizzazione studentesca vicina al precedente governo, è stato ucciso in un attacco violento.

Questi omicidi fanno parte di una crescente ondata di atti di violenza che sembrano sfuggire al controllo delle autorità. Il deterioramento delle condizioni politiche, in particolare dopo la caduta del governo di Sheikh Hasina (che ha rassegnato le dimissioni dopo settimane di proteste studentesche), ha esacerbato il clima di insicurezza e, soprattutto, la sfiducia verso le forze dell’ordine.

Il fenomeno della giustizia sommaria è cresciuto in modo allarmante. Gli attivisti per i diritti umani hanno denunciato l'inefficienza delle forze di polizia e indagini inadeguate tra le cause principali di questa situazione, creando un ciclo di violenza difficile da interrompere. Gli esperti puntano il dito contro una cultura della violenza che si sta diffondendo soprattutto nelle università.

Un ulteriore episodio di violenza si è verificato a Khagrachari, dove il furto di una motocicletta ha scatenato scontri tra gruppi bengalesi e pahari (indigeni). I bengalesi avevano organizzato una marcia di protesta, ma alcuni pahari hanno tentato di bloccare il corteo. Dopo la morte di un uomo bengalese di 30 anni, Mamun, le tensioni sono esplose in una serie di scontri che hanno portato alla distruzione di 102 negozi (78 appartenenti alla comunità pahari e 24 di proprietà bengalese) e alla morte di quattro persone anche nel vicino distretto di Rangamati. Almeno 80 i feriti. Per ripristinare l’ordine, le autorità hanno invocato la Sezione 144, che vieta assembramenti pubblici.

L'avvocato cristiano della Corte Suprema, Probhat Tudu, ha commentato i fatti ad AsiaNews: "Le recenti violenze, soprattutto nelle università, sono tragiche e deplorevoli. Se qualcuno commette un crimine, dovrebbe essere consegnato alla polizia. Questa cultura della giustizia sommaria deve essere fermata”. Tudu ha suggerito che la causa è da ricecare anche nel fallimento del sistema giudiziario: "Se la giustizia venisse garantita dallo Stato, la gente non avrebbe bisogno di ricorrere alla violenza.".

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