Detenuti kazaki: automutilazioni per protesta
Astana (AsiaNews/Agenzie) – Oltre 100 detenuti kazaki si sono inferti ferite e hanno inviato le loro fotografie ai media con i telefoni cellulari, per protestare contro il trattamento disumano che subiscono. Lo denuncia Tanja Niemeier, membro della delegazione guidata dal Parlamentare europeo Joe Higgins, che a settembre ha incontrato alcuni ex detenuti.
“Automutilarsi – dice ella all’agenzia Inter Press Service – è il solo modo che [i detenuti] hanno per protestare per le loro condizioni disperate”.
Le strutture, in gran parte costruite nell’epoca sovietica come gulag, sono del tutto inadeguate, con celle dove sono ristrette 20 e più persone, la possibilità di fare la doccia solo ogni 2 settimane, scarso cibo.
Ma i reclusi denunciano che sono comuni torture, percosse, violenze anche sessuali, come pure gratuite crudeltà di ogni tipo da parte delle guardie carcerarie.
Protestare significa solo essere di nuovo percossi, o trasferiti in un carcere persino peggiore. Per questo per protesta arrivano ad aprirsi lo stomaco.
Le autorità rispondono che non ci sono attuali proteste contro le condizioni carcerarie e che le ferite fotografate sono state inferte da gruppi criminali nelle prigioni.
Ma la Niemeier insiste di avere avuto “la notizia dagli stessi detenuti e non c’è ragione per dubitarne”.
Nel 2009 anche il Commissario speciale Onu per la Tortura, Manfred Nowak, ha concluso la sua ispezione nelle prigioni del Paese confermando l’uso di torture e osservando che le autorità locali avevano cercato di fargli apparire la situazione migliore del reale, ad esempio ripulendo le celle e mettendoci letti nuovi.
Pure l’avvocato e difensore dei diritti umani Vadim Kuramshin, finito in carcere per calunnia ma poi rilasciato, ha denunciato di essere stato torturato e che le autorità sono del tutto disinteressate per quello che succede in prigione.
Il Paese, ricco di energia, è stato spesso criticato per le violazioni contro i diritti umani ma il presidente Nursultan Nazarbayev, al potere dal 1991 che ha mantenuto anche dopo la fine dell’era sovietica, di recente ha cercato di accreditarsi un’immagine di maggior correttezza, anche perché il Paese ha ora la presidenza dell’Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa.
Niemeier vuole ora portare il problema all’attenzione dei parlamenti nazionali europei. E afferma che se le torture non cessano, si dovrebbe cancellare il summit Ocse previsto per dicembre.
“I Paesi occidentali – conclude – cercano di non vedere le torture in Kazakistan, perché desiderano le risorse del Paese”, ricco di gas, petrolio e uranio.