Dengue e colera colpiscono un campo profughi birmano al confine fra Thailandia e Myanmar
Nel centro di Mae La almeno 500 rifugiati birmani sono sottoposti a cure mediche. Dall’inizio dell’anno sono morti due bambini e tre adulti, ma i decessi potrebbero aumentare per le precarie condizioni igieniche e la mancanza di cibo e acqua. La giunta militare nega l’epidemia di peste nei dintorni della capitale e impone la censura ai media.
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Nel campo profughi di Mae La, al confine fra Myanmar e Thailandia, è divampata una epidemia di dengue. I responsabili del centro, riferisce Mizzima News, confermano che almeno 500 rifugiati birmani sono sottoposti a cure intensive, per combattere la febbre causata dalla puntura della zanzara. Intanto le autorità birmane smentiscono la notizia, circolata nei giorni scorsi, di una epidemia di peste nella capitale e lungo il confine orientale delle montagne di Pegu.
Il campo profughi di Mae La (nella foto) ospita circa 40mila rifugiati birmani. Esso si trova nella provincia thai di Tak, a circa 60 km da Mae Sot. La zona è il crocevia più importante fra Thailandia e Myanmar lungo il fiume Moei e, in territorio birmano, la prima città oltre confine è Myawaddy. La maggior parte degli ospiti appartiene alla minoranza dei Karen e già in passato si sono registrati casi di epidemia di dengue e colera.
Saw Nay San, direttore del campo, spiega a Mizzima News che “lo scorso anno 15 persone hanno subito il contagio” ma non è stata promossa una campagna di prevenzione seria e l’epidemia “non è stata sradicata”. “A inizio anno – sottolinea l’uomo – il numero di contagi è cresciuto e oggi circa 500 persone presentano i sintomi della febbre”.
Alla dengue si sono aggiunti focolai di colera, dovuti all’uso di acqua e cibo contaminato. I primi casi sono avvenuti a fine maggio e oltre 300 persone hanno dovuto ricorrere alle cure dei sanitari. Ad aggravare il problema, riferisce un volontario, vi è l’aumento dei rifugiati accolti nel centro, la mancanza di acqua potabile e i servizi igienici infestati da mosche.
Intanto le autorità birmane, attraverso i media ufficiali, smentiscono le voci filtrate nei giorni scorsi di epidemie di peste nella capitale e nelle zone lungo la catena montagnosa di Pegu. Il Dipartimento sanitario nazionale non ha trovato prove di diffusione del batterio nei cadaveri di topi. Tuttavia, fonti birmane a Yangon spiegano che l’annuncio delle autorità contrasta con dichiarazioni ufficiali apparse nelle ultime due settimane, che lanciavano l’allerta per possibili epidemie di peste.
Per evitare una fuga di notizie, la giunta militare ha imposto una stretta censura sui media riguardo la scoperta di topi morti, sospettati di aver trasportato la malattia fino alle porte della capitale Naypyidaw. Un epidemiologo che lavora presso il Ministero della sanità, citato in forma anonima dal quotidiano The Irrawaddy, conferma casi di peste, ma i malati sarebbero guariti dopo aver ricevuto cure mediche.
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