Delhi vota per le 'quote rosa' (ma rischia di favorire solo alcune donne)
La nuova legge, chiamata Nari Shakti Vandan Adhiniyam, riserva alle donne un terzo dei seggi della Camera bassa ma resta difficile prevedere se migliorerà davvero la partecipazioni femminile ai "piani alti" della politica. I posti riservati sono in conflitto con quelli dedicati alle persone provenienti dai gruppi svantaggiati. Le rappresentanti politiche sono un punto di riferimento sul piano locale, ma spesso per arrivare ai seggi parlamentari servono tempo, soldi e legami familiari.
New Delhi (AsiaNews) - Questa settimana i parlamentari indiani hanno approvato all’unanimità il disegno di legge per riservare alle donne un terzo dei seggi alla Camera bassa, e nelle assemblee legislative dei singoli Stati. Una decisione fin da subito definita storica, ma che non è ancora chiaro quando potrà essere attuata e se effettivamente avrà un impatto positivo sulla partecipazione politica femminile.
La normativa, chiamata Nari Shakti Vandan Adhiniyam, è passata dalla Lok Sabha alla Rajya Sabha, le due Camere, senza voti contrari. “Un momento decisivo nel percorso democratico della nostra nazione”, ha twittato il primo ministro Narendra Modi, il cui partito il Bharatiya Janata Party (Bjp) aveva presentato il disegno di legge a inizio settimana durante una sessione parlamentare speciale.
Tuttavia i rappresentanti del Congress, il principale partito di opposizione, durante il dibattito parlamentare hanno chiesto le tempistiche per l’attuazione della legge e se verranno incluse nella normativa anche rappresentanti politiche delle Other Backward Classes (OCB), un termine utilizzato dal governo indiano per riferirsi alle caste più svantaggiate del Paese a cui sono riservate delle quote nell’istruzione e nel settore pubblico.
La richiesta di un’ulteriore sottoquota tra le “quote rosa” indiane è una questione emersa ciclicamente nella storia politica dell’India, nonché la ragione per cui in passato la legge più volte non è stata approvata. Al momento della redazione della Costituzione, per esempio, le associazioni femminili indiane e il Congress, allora al potere, avevano osteggiate la decisione di inserire delle “quote rosa” perché ritenevano che le donne dovessero essere in grado di gareggiare a livello politico al pari degli uomini.
Oggi, in base a quanto scritto nella normativa, le quote riservate alle donne avranno una durata di 15 anni a partire dalla ridefinizione dei confini delle circoscrizioni. Questa a sua volta verrà effettuata dopo la pubblicazione del prossimo censimento, prevista dopo il 2026. Vista la presenza dei collegi elettorali, a ogni nuova delimitazione dei confini delle circoscrizioni corrisponderà una rotazione dei seggi. La normativa prevede inoltre che un terzo dei posti in Parlamento già riservati alle caste e alle tribù classificate (altra categoria utilizzata dal governo indiano per raggruppare le fasce della popolazione sfavorite) sia riservato alle donne, ma esclude una sottoquota per le donne appartenenti alle OBC, richiesta che era invece stata avanzata dall’opposizione.
In passato, infatti, gli schieramenti contrari al disegno di legge avevano sottolineato che in questo modo i posti riservati alle donne verrebbero probabilmente occupati solo da politiche appartenenti alle caste più alte. Questo mette il Bjp in una situazione difficile, soprattutto in previsione delle elezioni parlamentari dell’anno prossimo, perché il partito ultranazionalista indù ha finora ottenuto un grande sostegno dai membri delle OBC. Il Congress, invece, chiede da tempo che il governo effettui il censimento della popolazione, previsto ogni dieci anni. Nel 2021 il governo aveva dichiarato di non poterlo effettuare a causa della pandemia, ma il primo ministro Modi non ha fatto sapere (se e) quando verrà recuperato, lasciando che i programmi di assistenza sociale e di riserve per le classi svantaggiate si basino ancora su dati fermi al 2011.
Le donne indiane rappresentano quasi la metà dei 950 milioni di elettori registrati (su 1,4 miliardi di abitanti), ma sono presenti in Parlamento solo per il 15% e nelle assemblee statali per il 10%. Nessuno Stato indiano ha più del 20% di rappresentanza femminile nella propria assemblea e nel 2019 le donne rappresentavano meno del 9% dei candidati su un totale di oltre 8mila rappresentanti politici. Tuttavia, alle ultime elezioni il Bjp è stato il partito con il maggior numero di donne candidate e vincitrici, con il 74,55% che sono riuscite a ottenere un seggio contro l’11,11% delle donne schierate dal Congress.
Eppure le donne (come ricordato anche dal premier Modi nel suo tweet di commento dopo l’approvazione della legge), non hanno avuto un ruolo marginale nella politica indiana. Prima del suo assassinio nel 1984 Indira Gandhi è stata premier due volte, e l’attuale presidente, Droupadi Murmu, è diventata la prima dalit ma la seconda donna a ricoprire la carica nella storia del Paese.
Uno studio della politologa Francesca R. Jensenius ha rivelato che oggi le donne tendono a concorrere maggiormente per i seggi riservati alle caste e alle tribù classificate, mentre coloro che raggiungono “i piani alti” della politica hanno spesso connessioni familiari che permettono un più facile ingresso nei partiti: il 41% di tutte le donne candidate alle elezioni della Lok Sabha nel 2019, per esempio, erano in qualche modo legata a qualche “dinastia” politica, una percentuale scesa al 30% tra le donne elette.
Nei 75 anni di indipendenza la partecipazione politica femminile ha comunque visto miglioramenti, soprattutto a livello di amministrazioni locali grazie agli emendamenti alla Costituzione varati nel 1992 e secondo cui un terzo delle posizioni negli organi comunali dei villaggi (anche quelli rurali) deve essere riservato alle donne. Da allora 20 Stati dell’Unione su 28 hanno alzato la soglia di rappresentanza al 50%.
Ma se a ciò non è corrisposto un aumento di seggi anche a livello statale o nazionale, sottolineano gli esperti, è stato a causa di pregiudizi sociali, una struttura patriarcale dei partiti, obblighi familiari e minori risorse di denaro di cui dispongono le donne. Le campagne elettorali in India richiedono infatti molto tempo (che verrebbe tolto alle cure familiari) e ingenti finanziamenti e sono spesso dominate da feroci scontri che spesso toccano anche il piano personale e sfociano in abusi verbali.
Per questo non è facile prevedere se fra qualche anno, quando la legge approvata dal Parlamento questa settimana verrà effettivamente implementata, la cultura e la società indiane saranno pronte a concedere alle donne una possibilità reale di partecipazione alla pari degli uomini.
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16/12/2022 12:26