Decine di libanesi "desaparecidos" nelle prigioni di Damasco
Soldati, politici, anche 2 monaci maroniti. La Siria nega tutto, ma anche l'Onu conferma: libanesi sequestrati e incarcerati sotto il regime di Assad.
Beirut (AsiaNews/Agenzie) L'ultima volta che Sonia Eid ha visto suo figlio Jihad è stato 14 anni fa, quando l'ha scorto da lontano mentre un caporale siriano lo interrogava nella nota prigione di Mazzeh, nella zona occidentale di Damasco, bendato e legato con altri prigionieri.
Jihad è uno delle decine di libanesi ancora detenuti come prigionieri politici nelle carceri siriane: lo denunciano gruppi per i diritti umani, ma il governo di Damasco continua a smentire.
Eid racconta che suo figlio aveva 20 anni quando è stato catturato dall'esercito siriano il 13 ottobre 1990, il giorno in cui finì la lunga guerra civile libanese e le truppe siriane respinsero le forze dell'ex generale Michel Aoun, che controllava alcune zone cristiane di Beirut est.
L'anno successivo la madre andò a Mazzeh e vide il figlio portato fuori per l'interrogatorio. Da allora non l'ha più incontrato. "Mentre guardavo, uno dei prigionieri legati cadde a terra. Subito dopo venne picchiato in maniera brutale e i soldati lo riempirono di calci. Poi svenni" ricorda oggi la donna, che ora guida un comitato di genitori per i libanesi prigionieri in Siria. Sonia Eid tiene in mano una foto del figlio in bianco e in nero, e afferma che sa bene dove Jihad si trova: "Le nostre informazioni ci dicono che egli è a Saidnaya", una prigione vicino a Damasco.
Il regime siriano e il governo libanese filo-siriano del presidente Emile Lahoud negano che ci siano cittadini libanesi nelle prigioni siriane e affermano che gli ultimi sono stati liberati nel dicembre del 2000. Ma quando il mese scorso le autorità di Damasco hanno rilasciato 55 prigionieri politici per lo più membri dei Fratelli musulmani tra essi c'erano anche due libanesi. Nel novembre 2003 la Commissione per i diritti umani dell'Onu ha rilasciato un rapporto nel quale confermava la presenza di detenuti libanesi nella carceri siriane.
Il presidente siriano Bashar Assad ha fatto chiudere la prigione di Mazzeh e da quando è succeduto al padre nel 2000 ha ordinato il rilascio di molti prigionieri politici. Ma secondo i rapporti di gruppi per i diritti umani alcuni detenuti sono stati trasferiti a Saidnaya. Secondo tali associazioni e i familiari degli interessati, sono almeno 176 i libanesi attualmente nelle carceri siriane, molti da più di 10 anni. Nella lista compaiono decine di soldati, due monaci cristiani maroniti e almeno un uomo politico.
Kamal el-Batal, direttore di Misad, un ente per i diritti umani con sede a Beirut, afferma di essere in possesso di dossier su centinaia di detenuti, ma non ha fornito cifre precise.
Anche Naamatallah Abi Nasr, un politico libanese all'opposizione, membro del comitato per i diritti umani del comitato parlamentare sui diritti umani, contraddice la smentita di Damasco: "So che ci sono libanesi prigionieri in Siria, ma non conosco il loro numero esatto".
Dopo l'attentato del 14 febbraio scorso che ha ucciso l'ex premier libanese Hariri, le proteste popolari e la pressione internazionale stanno spingendo il regime di Assad a ritirare dal Libano le truppe siriane e gli agenti segreti. Molti di essi sono stati dislocati nella zona della valle di Bekaa, a est del paese, in prossimità del confino siro-libanese.
Le famiglie dei detenuti sperano che i cambiamenti che in queste settimane stanno interessando il Libano portino a un veloce rilascio dei loro cari. Ma si tratta di speranze che saranno deluse secondo Ghazi Aad, un altro attivista per i diritti umani, visto che la Siria nega la presenza di libanesi nelle sue prigioni. "Stiamo chiedendo informazioni sui libanesi incarcerati" afferma Ghazi, direttore di Support of Lebanese in Detention and Exile (SOLIDE), gruppo che si batte per i cittadini libanesi arrestati all'estero e in esilio. "Ma in risposta subiamo minacce e siamo terrorizzati: il regime siriano è gemello di quello di Saddam Hussein e potrebbe sbarazzarsi in fretta di loro".
Enti internazionali per i diritti umani affermano che centinaia di libanesi sono stati arrestati dalle truppe siriane da quando le prime truppe furono inviate in Libano nel 1976. Gli arrestati facevano parte delle diverse fazioni della società libanese, dalla destra cristiana fino agli estremisti musulmani.
Gli arresti dell'intelligence siriana erano comuni negli anni Ottanta, ma sono calati bruscamente con la fine della guerra civile. La gente veniva sequestrata per attività antisiriane o perché membri di gruppi che divergevano dalla politica di Damasco. Altri venivano presi perché sospettati di lavorare per Israele, il nemico numero 1 della Siria, o per semplici dissapori con il locale comandante siriano o perché coinvolti in dispute familiari o politiche.
Hashem Minqara, ad esempio, un musulmano sunnita della città settentrionale di Tripoli, ha trascorso 14 anni in una prigione siriana prima di ritornare in patria nel 2000 e ricominciare una nuova carriera come politico filo-siriano. "Egli può parlare sul presente e sul futuro" afferma al-Saleh "ma il passato è storia".
Intanto le famiglie dei detenuti sperano di avere presto buone notizie dei loro cari: "Una soluzione è vicina e per questo sono contenta" afferma Eid, mentre sorseggia un caffè nella sua casa nel quartiere cristiano di Beirut. "È un sogno che sto aspettando da 15 anni, da quando la mia vita è diventata una tragedia".