Deboli critiche contro i nuovi insediamenti ebraici a Gerusalemme e West Bank
Tiepida dichiarazione di Ashton (Eu) e dell’inviato Onu. La politica israeliana degli insediamenti è illegale dal punto di vista delle regole internazionali. Essa rischia di rendere impossibile la costruzione di uno Stato palestinese e fare di Gerusalemme est la sua capitale.
Gerusalemme (AsiaNews/Agenzie) – La decisione di dare il via alla costruzione di 942 case a Gerusalemme est ha prodotto solo deboli critiche da parte dell’Onu e dell’Unione europea. Secondo attivisti israeliani di “Pace adesso” preoccupa soprattutto che oltre a insediamenti approvati vi siano anche centinaia di insediamenti illegali che vengono approvati a posteriori.
Il 4 aprile scorso il municipio di Gerusalemme ha approvato la costruzione di altre 942 case a Gilo, vicino a Betlemme, nel comprensorio di Gerusalemme est. Esso ha precisato che le nuove case vanno ad aggiungersi alle 900 e più approvate nel novembre 2009.
La zona di Gilo appartiene ai territori occupati da Israele nel 1967. Secondo le leggi internazionali, territori occupati non possono essere espropriati dalla potenza occupante. Nonostante ciò Israele ha continuato una politica di insediamenti illegali (ma approvati dal governo), che assorbono sempre più terreni che dovrebbero in futuro far parte di un possibile Stato palestinese. Allo stesso modo gli insediamenti in Gerusalemme est rendono sempre più impossibile per i palestinesi rivendicare questa parte della città come loro futura capitale.
La notizia del varo di nuovi insediamenti a Gilo ha trovato solo tiepide critiche nella comunità internazionale. Il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, ha dichiarato di essere “profondamente delusa dal piano abitativo di Israele''.
Richard Miron, portavoce di Robet Serry, inviato di pace Onu, ha chiesto al governo israeliano di “fermare ulteriori piani per i nuovi insediamenti, che minano gli sforzi di riprendere i negoziati israelo-palestinesi e pregiudicano i risultati finali”.
Ma la situazione è ancora più grave. L’organizzazione israeliana a favore dei diritti umani, “Pace adesso”, ha denunciato in questi giorni che quattro insediamenti in costruzione da tempo (Rotem, Eshkolot-Sansana, Halamish-Neve Zuf e Kiryat Netafim), illegali anche per il governo israeliano, hanno ottenuto a posteriori il benestare del ministro Ehud Barak.
In Cisgiordania ed a Gerusalemme est, conquistati da Tel Aviv con la guerra dei Sei giorni del ’67, vivono oggi quasi 500 mila coloni: 280 mila nella West Bank e 190 mila nella zona sotto controllo palestinese di Gerusalemme. Dati di Peace Now mostrano che dal 2001 ad oggi la popolazione israeliana in Cisgiordania è cresciuta del 5-6%.
Secondo il giornale Haaretz, per i prossimi anni il governo ha pianificato la costruzione di 50 mila nuove case a Gerusalemme est e nelle vicinanze. Il ministero israeliano degli interni si giustifica dicendo che lo sviluppo ebraico di Gerusalemme può avvenire solo ad est, nella zona palestinese, perché i progetti ad ovest sono stati bloccati da gruppi ambientalisti.
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