Damasco, nuovo attentato nel sobborgo abitato da cristiani e drusi, 4 morti
Damasco (AsiaNews) - Un'autobomba è esplosa questa mattina nel sobborgo di Jaramana (Damasco) abitato da cristiani e drusi, provocando diversi feriti. Al momento nessun gruppo ha rivendicato l'attacco. Lo riferisce l'Osservatorio siriano per i diritti umani. Situato a circa 10 km a sud-est della capitale, il quartiere ospita diversi sostenitori del regime di Bashar al-Assad e il 28 agosto è stato teatro di una devastante esplosione costata 27 morti e decine di feriti.
Fonti di AsiaNews affermano che la situazione si fa ogni giorno più pericolosa, ma i cristiani non sono presi di mira. "Nella zona - precisano - vivono anche musulmani sunniti". Le bombe esplose a Jaramana hanno colpito edifici militari ed esponenti cristiani rimasti fedeli al regime. Il conflitto è ancora fra ribelli e regime, sunniti e alawiti, non fra musulmani e cristiani, tutti sono vittime della guerra". "Nei quartieri rimasti fuori dagli scontri - continuano - si cerca di sopravvivere, ma tutti temono che il conflitto si allarghi alla città intera e ad altre regioni della Siria e ciò getterebbe il Paese nel caos più totale". Violenti attacchi si sono registrati anche ad Aleppo, dove oggi l'esercito ha bombardato al-Bab, uccidendo 25 persone, fra cui molte donne e bambini. "Il vero problema - aggiungono - sono le informazioni propagandistiche diffuse e dal governo, e dai ribelli, che hanno fatto piombare i siriani in un doppio regime totalitario, in cui tutti mentono". Secondo le fonti, la comunità internazionale è ormai troppo divisa per imporre un cessate il fuoco fra le milizie ribelli e Bashar al-Assad, che in un messaggio ai media siriani si è detto pronto a resistere fino alla fine con qualsiasi mezzo.
Oggi, Lakhdar Brahimi, che ha rimpiazzato Kofi Annan come rappresentante di Onu e Lega araba in Siria, ha dichiarato che una "missione diplomatica per porre fine alle violenze è quasi impossibile". In un'intervista alla Bbc, il diplomatico algerino ha detto di essere spaventato dal "peso delle responsabilità" e ha ammesso che in oltre un anno di conflitto la comunità internazionale ha fatto poco o nulla per porre fine agli scontri.
Iniziata nel marzo 2011 sull'onda della Primavera araba, la crisi siriana ha fatto più di 20mila morti e centinaia di migliaia di sfollati, di cui oltre 120mila hanno varcato i confini trovando ospitalità nei campi profughi allestiti da governi e organizzazioni internazionali in Turchia, Giordania e Libano. Il continuo afflusso di persone sta però portando al collasso gran parte dei campi umanitari. Nei giorni scorsi la Turchia ha chiuso le frontiere per evitare nuove ondate di profughi siriani. (S.C.)