Dal vertice di Riyadh sviluppi positivi possibili per Israele, non per il Libano
Riyadh (AsiaNews/Agenzie) - Piccole spinte per far progredire la pace in Medio Oriente: è quanto oggettivamente si può attendere dal vertice della Lega araba che da domani vedrà riunito in Arabia Saudita, per due giorni, il vertice della Lega Araba. L’incontro, in passato di poca o nessuna concreta produttività, cade in un momento nel quale l’intero Medio Oriente fermenta di iniziative di pace. A Riyadh è atteso anche il segretaro del’Onu Ban Ki-moon e il segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, è da tre giorni in Medio Oriente. E già prima dell’inizio del summit, in positivo va messo il fatto che, dopo anni, ci sarà una sorta di riconciliazione tra la Siria, l’Egitto e la stessa Arabia Saudita.
L’agenda del vertice della Lega è importante: c’è in primo luogo il rilancio della proposta di pace con Israele, sulla base del piano saudita che prevede il simultaneo riconoscimento dello Stato ebraico da parte dei 22 Paesi della Lega in cambio del ritiro israeliano dai territori occupati con la guerra del 1967, la creazione di uno Stato palestinese ed il rientro dei profughi.
Altro problema scottante è cosa fare per la normalizzazione dell’Iraq, all’indomani della conferenza di Baghdad che ha visto seduti allo stesso tavolo anche esponenti di Usa, Siria e Iran.
Terza questione centrale, la soluzione dell’infinita crisi politica libanese. Punto, quest’ultimo, che – tranne imprevedibili colpi di scena - si annuncia fallito già prima dell’inizio, con la presenza al vertice di due delegazioni – una guidata dal filosiriano presidente della Repubblica Emile Lahoud, l’altra dal filoccidentale primo ministro Fouad Siniora – e con il presidente Lahoud che ha già contestato il foglio di lavoro preparato dai ministri degli esteri, chiedendo di eliminare ogni espressione di appoggio al governo libanese, in quanto ne costituisce una legittimazione, che egli contesta. Pur di evitarla, ha chiesto di togliere anche il passo che esprime l’appoggio della Lega Araba ai sette punti del cessate-il-fuoco dell’estate scorsa tra Libano ed Israele, in quanto atto del governo.
“I libanesi sono una volta ancora divisi – ha ammonito in proposito il patriarca maronita Nasrallah Sfeir – come se ci fossero due Libano e ciò, per il Paese, è più pericoloso di ogni altra cosa”. Lo stesso ministro degli esteri saudita, Saud al-Faisal a proposito del Libano ha detto ieri che c’è speranza di riconciliazione “se le parti pongono gli interessi del Paese al di sopra degli altri”. E il segretario della Lega, Amr Moussa, ha rinviato a dopo il vertice la possibilità di ripresa del suo tentativo di mediazione.
Sviluppi positivi potrebbero invece venire perciò che riguarda Israele e Palestina, al centro di numerosi movimenti.
Il piano di pace saudita era stato presentato già nel 2002, ma non aveva ricevuto attenzione. Ora la sua riproposizione ha avuto accoglienza molto più possibilista. Una imprevista, seppur parziale, apertura è venuta nei giorni scorsi in primo luogo dal premier israeliano Ehud Olmert che ne ha parlato come di “una buona base” per un negoziato. Il primo ministro israeliano si è anche detto pronto ad incontrare i leader arabi che volessero discuterne con lui ed ha però accennato a “modifiche” da apportarvi. Dal canto suo, oggi, la Rice, proprio riferendosi al vertice della Lega araba, ha detto che “i Paesi arabi dovrebbero aprirsi verso Israele” e ciò alla scopo di “mostrare ad Israele che hanno accettato la sua presenza in Medio Oriente”. Significativo in questa prospettiva, la possibilità, avanzata da Ban Ki-moon di farsi egli stesso latore, oggi, di un messaggio di Olmert al re saudita.
Da parte araba, al momento i ministri degli esteri, già riuniti, hanno sostenuto che la proposta va accolta “senza emendamenti”. Ma lo stesso giorno al-Faisal, a margine di una riunione con i suoi omologhi della Lega araba, ha fatto vedere uno spiraglio, sostenendo che “ci si attende da noi che vengano considerati i nuovi sviluppi”.
Al di là di quella che potrebbe essere una schermaglia preventiva, molto può dipendere anche dallo sviluppo degli incontri tra Olmert ed il presidente dell’Anp, Mahmoud Abbas. Sempre la Rice ha annunciato oggi che essi si vedranno “regolarmente”. “Hanno accettato – ha detto – di vedersi ogni due settimane”. Ed anche se, a suo avviso, “non siamo ancora ai negoziati sullo statuto finale” di Gaza e della Cisgiordania, la prospettiva è quella dei “due Stati”. Frase, quest'ultima, che Olmert ha accolto freddamente.
Quanto all’Iraq, l’assenza di due protagonisti – Stati Uniti ed Iran – non permetterà fatti di grande significato. Oltre a prevedibili promesse di sostegno ed aiuto al governo iracheno, ci si attendono passi nel processo di riconciliazione nazionale, che potrebbe concretizzarsi nell’annuncio di cambiamenti costituzionali per ciò che riguarda federalismo e allontanamento dei membri dell’ex partito Baath. E ci sarà spazio, forse, per cercare di ottenere dalla Siria un rinnovato impegno a fermare il passaggio di armi e terroristi verso Baghdad. Sarebbe già qualcosa. (PD)