Crollo record dell’economia giapponese nel primo trimestre: -4%
Tokyo (AsiaNews/Agenzie) – L’economia giapponese registra il calo record del 4% nel primo trimestre del 2009. Gli esperti sono pessimisti per il futuro, nonostante qualche recente timido segno di ripresa.
La contrazione è molto peggiore di quella Usa (-1,6%) e dell’Europa (-2,5%) nel medesimo periodo. Ora si teme un decremento del Prodotto interno lordo del 15,2% nel 2009. Nel solo mese di marzo la contrazione è stata del 3,5% rispetto al marzo 2008, record negativo da quando nel 1955 sono raccolti questi dati.
La forte discesa è dovuta soprattutto all’indebolimento della domanda interna da cui dipende una diminuzione del Pil del 2,6%, nonché alle diminuite esportazioni (-26% rispetto al primo trimestre 2008) per il residuo 1,4%.
Il governo sperava di stimolare il consumo interno, tramite i massicci finanziamenti decisi. Ma non sono stati finora sufficienti a bilanciare la crescente disoccupazione e il timore per il futuro che induce a contenere le spese.
Massaki Shirakawa (nella foto), governatore della Banca del Giappone, dice che nell’intero mondo i timidi segni di ripresa della produzione sono dovuti solo alla necessità di ricostituire le scorte di prodotti, ma che manca un effettivo aumento di consumi e di investimenti.
Il ministro alle Finanze Kaoru Yosano ritiene, pure, che “ci vorrà un tempo considerevole e duro perché il Giappone torni a crescere come nel passato e ci vorranno alcune circostanze come una miglior situazione economica negli altri Paesi. E’ probabile che il peggio sia passato, ma sarà necessario un grande impegno per una ripresa economica”. Anche se ritiene che i disposti forti finanziamenti pubblici per 15.400 miliardi di yen debbano ancora ottenere il vero effetto.
Molti economisti prevedono una prossima ripresa, ma avvertono che potrebbe essere solo conseguenza di simili investimenti e non di un effettivo miglioramento, con pericolo di successive ricadute dell’economia. Costoro avvertono che occorre ripensare il modello di sviluppo, ora troppo dipendente dalle esportazioni, e che occorre anche affrontare problemi sociali strutturali di lungo termine, come il forte passivo fiscale e il progressivo invecchiamento della popolazione.