Cristo e la sua carità, balsamo per le ferite del Nord e del Sud
In un’intervista ad AsiaNews, mons. Lazzaro You Heung-sik - vescovo di Daejon e presidente della Caritas nazionale – parla dei pericoli del materialismo e della missione in Corea del Nord, che sta migliorando proprio grazie all’attività caritativa della Chiesa.
Roma (AsiaNews) – La carità “cardine dell’attività della Chiesa” e l’affermazione dei valori etici del cristianesimo, che si scontrano con il materialismo imperante, oltre al dialogo con la Corea del Nord e con il Giappone. Sono questi i temi che secondo mons. Lazzaro You Heung-sik, vescovo di Daejon e presidente della Caritas nazionale, devono essere affrontati con maggior impegno da tutta la Chiesa coreana.
In un lungo colloquio con AsiaNews, avvenuto nell’ambito dei lavori dell’Assemblea generale della Caritas internazionale, il presule spiega senza mezzi termini che “il materialismo coreano è spaventoso e produce una società sempre meno attenta ai valori universali: questo crea uno squilibrio potenzialmente mortale per il Paese intero”.
In Corea, dice mons. You, “convivono contraddizioni e problemi sociali, non slegati ma uniti uno all’altro. Come vescovo della Chiesa cattolica, ritengo che la sfida più urgente da affrontare oggi sia questo materialismo dilagante, che mette il denaro al primo posto nella vita dell’uomo. I valori del cristianesimo, di conseguenza, scendono di livello ed a risentirne è la società intera. La cosa più importante da fare è formare le persone, scendendo in profondità e testimoniando la nostra fede: Cristo è morto e poi è risorto. Dobbiamo spiegare con forza che tutte queste tentazioni, queste forti correnti materialiste e nihiliste, si annullano quando ci ritroviamo radicati nel Signore”.
Un esempio di questo materialismo si può trovare nel caso del “pioniere della clonazione” Hwang Woo-suk. Questi, spiega il vescovo, “era cristiano ma si è convertito ad una setta del buddismo che non considera il feto come un essere vivente. La nostra battaglia contro le sue ricerche, che si sono poi dimostrate false, hanno creato una sorta di tensione fra la Chiesa e questa setta, ma in questo modo abbiamo chiarito a tutti che sull’etica cattolica noi non discutiamo”. Allo stesso tempo, “la pubblicità che ha ricevuto quando era ancora un eroe nazionale va interpretata alla luce di quello che lui stesso aveva detto ai coreani: aveva promesso di farli divenire tutti ‘ricchi come Samsung [magnate dell’economia coreana ndr]’. Questo è esplicativo: dietro queste manipolazioni di embrioni non vi è volontà di cura o di progresso scientifico, ma solo desiderio di ricchezza ed immortalità. Sono questi i valori che vanno combattuti”.
Proprio in questo ambito, sottolinea, “si inserisce l’attività caritativa della Chiesa, che è specifica ed incardinata nella nostra missione. La carità fa sentire, fa capire la credibilità della nostra missione. Quando ho saputo che il Santo Padre aveva pubblicato la sua prima enciclica, intitolata proprio Deus Caritas Est, ho provato una grandissima gioia. Il Papa ha affrontato come primo argomento la carità, che deve far parte della vita di ogni cattolico, in special modo dei coreani”.
Questo perché “anche in Corea, nonostante il forte materialismo che predica lo sviluppo economico come primo obiettivo della società, vi sono molte persone che soffrono. Vi sono poveri e ammalati, ma anche anziani soli ed emarginati. In questo senso, come Chiesa e come Caritas, cerchiamo di formare un clima di comunione che avvicini tutti a coloro che soffrono”.
Naturalmente, aggiunge subito, “uno dei nostri progetti più importanti è quello di gestire gli aiuti umanitari per la Corea del Nord: con la carità si possono aprire delle strade, anche dove non ve ne sono. A conferma di questo, dopo tre visite ufficiale in Corea del Nord (nel 2005, 2006 e nel marzo del 2007), posso confermare che vi è un trattamento molto diverso, in un certo senso migliore, nei nostri confronti. Chiaramente si può ancora migliorare, e stiamo cercando ogni modo per riuscirci, ma la soluzione è nelle mani e negli occhi di Dio”.
Infatti, prosegue, “si può guardare alla situazione nordcoreana ognuno con il proprio punto di vista, ma se si vuole capire la realtà si deve cercare di adottare anche il loro: io lo considero un continuo esame di coscienza, che mi mette davanti al mio lavoro ed ai miei limiti. Si deve trattare senza giudicare, ma dicendo le cose per come sono”.
Al Nord, “il nostro primo impegno è verso le fasce più svantaggiate della popolazione: bambini, anziani e disabili. Questo perché, come in ogni regime comunista, questi sono visti come dei pesi, dei limiti allo sviluppo della nazione e di conseguenza patiscono più di tutti le privazioni che, in generale, affliggono tutta la Corea del Nord. Quando parliamo, come Caritas Corea, con la nostra controparte nordcoreana lo mettiamo bene in chiaro: gli aiuti vanno come prima cosa a chi soffre di più”.
Tuttavia, “la missione della mia diocesi non si ferma alla Corea del Nord. Essa guarda in special modo al Giappone: oltre agli scambi annuali che avvengono fra i vescovi dei due Paesi, che si incontrano per tre giorni una volta ogni anno, ho mandato anche quest’anno due seminaristi gesuiti nel Paese del Sol Levante. In Corea, infatti, è molto forte il rispetto della popolazione nei confronti dei sacerdoti, mentre è di meno in Giappone. Mandare lì i nostri seminaristi aiuta loro, che imparano a vivere in una società che non li pone automaticamente nei livelli alti, ed aiuta la missione della Chiesa universale: lo scambio dei suoi fedeli nel mondo”.
La Chiesa cattolica in Corea, conclude mons. You, “punta molto sull’attività caritativa e sulla missione, perché questi sono gli obiettivi che consentono di vivere veramente la fede cattolica con il popolo e di radicare la propria realtà con la società che la circonda”.
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