Cristiano irakeno: l’assoluzione di Tareq Aziz è garanzia di uno Stato di diritto
Baghdad (AsiaNews) – L’assoluzione di Tareq Aziz è motivata dal fatto che “non vi sono prove di responsabilità dirette negli omicidi” ed è un segnale della volontà del tribunale speciale di Baghdad di “scoprire i fatti” senza “condizionamenti o pressioni politiche”. È il commento rilasciato ad AsiaNews da una fonte cattolica caldea irakena, la quale ricorda che Tareq Aziz era solito “inviare le persone in tribunale, sottoponendole al giudizio della corte, ma non si è mai assunto l’onere di ammazzare o di ordinare uccisioni di massa”.
L’ex vice-premier e ministro degli Esteri del regime di Saddam Hussein, del quale è sempre stato un fedelissimo, è stato assolto nel processo sui “fatti della preghiera del venerdì”. Ieri il tribunale speciale di Baghdad lo ha giudicato innocente della morte di 42 persone, massacrate dalla polizia irakena nel 1999. Essi protestavano contro l’assassinio del leader sciita Muhammad al-Sadiq al-Sadr e di suo figlio: le forze dell’ordine hanno aperto il fuoco sui manifestanti e occultato i cadaveri, rivenuti solo nel 2003 all’indomani della caduta del regime. Nuova condanna a morte, invece, per Ali Hasan Majid, cugino di Saddam e meglio conosciuto come “Ali il Chimico”, ex capo del comando del nord del partito Baaht.
La fonte sottolinea il tentativo del tribunale speciale irakeno di “scoprire la verità dei fatti”, basandosi sui principi di “onestà e trasparenza”. “Tareq Aziz – racconta – era un personaggio particolare. Tutti ricordano il suo essere cristiano, ma la verità è che non si interessava molto di religione. Egli era legato al movimento socialista-marxista ed è sempre rimasto fedele al partito: era una figura politica, portata al dialogo e ai ragionamenti e poco all’azione. Anche per questo non è mai stato coinvolto in prima persona nei massacri. Lo stesso Saddam Hussein non lo considerava la persona giusta per i raid punitivi”.
Tareq Aziz, nato nel 1936 in un villaggio vicino a Mosul, ha sempre vissuto la carriera politica nell’ombra di Saddam Hussein ed è l’unico degli ex collaboratori ad essere stato assolto finora. Il 24 aprile del 2003, alla caduta del regime, si è consegnato nelle mani degli alleati e fin dalla prima udienza ha cercato di commuovere l’opinione pubblica presentandosi in aula in pigiama, malato, compunto. A suo carico vi sono altri due processi e vi è il rischio che possa essere vittima di attentati o rappresaglie. “Nella cultura mediorientale e araba – racconta la fonte – la vendetta è sacra. Se venisse liberato e abbandonato a se stesso, senza protezione, rischia di essere ammazzato. In caso di piena assoluzione anche negli altri procedimenti, egli chiederà asilo politico a qualche nazione occidentale – con le quali ha sempre saputo mantenere buoni rapporti – o al governo irakeno. Molti esponenti della comunità sciita hanno accolto con rabbia la sentenza di assoluzione”.