Cristiano della Corea del Nord: Le preghiere del Papa ci consolano, speriamo nella pace
Seoul (AsiaNews) - L'appello lanciato da papa Francesco per la pace nella penisola coreana "è stato una consolazione per tutti noi che viviamo nella Corea del Nord. Anche se il governo non ha dato molta pubblicità all'evento [la benedizione Urbi et Orbi del 31 marzo ndr] siamo comunque venuti a saperlo. Come lui, speriamo nella pace: non vogliamo più essere isolati dal resto del mondo". A parlare è un cristiano nordcoreano - anonimo per motivi di sicurezza - che si è confidato con una fonte di AsiaNews che opera sul confine.
Secondo la fonte "la guerra non ci sarà. Hanno ragione i nostri vescovi: è una questione di equilibri politici interni al Nord e di aiuti umanitari. Pyongyang non può perdere la faccia, quindi tutte queste minacce dovranno produrre qualcosa. Ma è molto difficile che si tratti di un'invasione via terra o di un attacco ai siti militari americani o sudcoreani. In ogni caso dobbiamo pregare, come dice il pontefice, perché ci sia la pace e maturi una nuova riconciliazione in Corea".
Tuttavia la tensione continua a salire: scaduto l'ultimatum per l'evacuazione degli stranieri, la Corea del Nord ha puntato le rampe di lancio dei missili a medio raggio verso il cielo e si prepara a farli partire. Lo denunciano fonti di intelligence giapponesi e sudcoreane, secondo le quali i Musudan - nome tecnico dei missili spostati dal regime sulla costa orientale - sono in grado di colpire "diversi bersagli tecnici, militari e anche civili".
Secondo le fonti "i satelliti hanno individuato le postazioni e siamo pronti a reagire. Ma in caso di attacco non possiamo dire cosa succederà". In ogni caso, per la Difesa di Seoul si tratta di uno "strano balletto. Due missili in un impianto sulla costa orientale sono stati portati fuori dai loro hangar e poi rimessi dentro; allo stesso tempo sono stati spostati anche almeno cinque veicoli di lancio mobili. La Corea del Nord sta cercando di confondere gli agenti americani e sudcoreani".
Secondo Zhang Lianghui, uno dei maggiori esperti cinesi di Corea del Nord, la situazione "è pericolosa. C'è almeno il 70 % di probabilità che la crisi in corso nella regione sfoci in guerra aperta. Il nuovo leader nordcoreano Kim Jong-un vuole usare quest'occasione per arrivare alla riunificazione della penisola coreana sotto la propria bandiera". Il governo cinese non approva questa mossa: Pechino ha approvato le sanzioni imposte dall'Onu a Pyongyang dopo il test nucleare effettuato in febbraio e ha tagliato l'invio di aiuti umanitari invitando il regime alla calma.
In un indiretto, ma chiaro riferimento alla Corea del Nord, il presidente cinese Xi Jinping ha affermato domenica scorsa che "a nessuno deve essere consentito di creare il caos per promuovere i propri interessi particolari". Al momento si ritiene che l'ennesima provocazione militare del Nord dovrà avere luogo prima del 15 aprile, quando ricorre l'anniversario della nascita del fondatore del Paese, Kim Il-sung, nonno e ispiratore dell'attuale dittatura.
A sostegno di questa ipotesi va aggiunto il fatto che domani il Segretario di Stato americano John Kerry sarà a Seoul per incontrare il ministro sudcoreano degli Esteri Yun Byung-se. Il capo della diplomazia americana sarà nella capitale del Sud dopo l'incontro - in corso in queste ore - dei Paesi del G8 a Londra. Subito dopo si recherà in Cina e Giappone per una visita lunga 10 giorni.