Cristiani uzbeki perseguitati e discriminati anche dopo la morte
Tashkent (AsiaNews/F18) – Il National Security Service (Nss, la polizia segreta) uzbeko e i leader del mahalla (organo di governo locale) nella città di Khodjeli (Karakalpakstan) si oppongono alla sepoltura del musulmano Zhumabai Smetullaev. Fonti dell’agenzia Forum 18 parlano di una vera discriminazione per colpire la moglie e il figlio del defunto, entrambi cristiani.
Funzionari del mahalla ammettono che ci sono stati ostacoli al funerale, senza spiegarne le ragioni. Infine è stato permesso un modesto funerale, senza processione e subito fuori del cimitero. Ma le fonti di F18 dicono che proseguono le discriminazioni: la moglie è stata avvertita da funzionari del Nss di non organizzare le tradizionali cerimonie di commemorazione dei 40 e dei 100 giorni dalla sepoltura e che chi la aiuta sarà punito. Parecchi abitanti del luogo riportano la minaccia della polizia che chi si converte al cristianesimo “non riceverà sepoltura dopo la morte”.
Nella tradizione dell’Asia Centrale è normale che l’intera comunità partecipi alle esequie del defunto. La non partecipazione indica che il morto e la sua famiglia sono considerati estranei alla comunità, dei veri paria. Le autorità locali negano di essersi opposte e il funzionario municipale Khudoyor Kurbaniyazov dice che “ci sono 6 cimiteri, anche uno per i cristiani”. La famiglia di Smetullaev aveva già subito persecuzioni. A febbraio la polizia ha perquisito la loro casa senza autorizzazione e senza dire cosa cercava: ha portato via una bibbia.
Anche i protestanti della vicina Nukus denunciano problemi analoghi per seppellire i loro cari, con divieto per la comunità di partecipare alle esequie o di fornire qualsiasi aiuto.
In varie zone del Paese è in atto una repressione sistematica contro i cristiani e le altre fedi non islamiche. All’inizio di marzo i protestanti Mahmudjon Turdiev, Mahmudjon Boynazarov e Ravshanjon Bahramov sono stati condannati a 15 giorni di carcere, ad Andijan, solo per avere partecipato a una riunione in un’abitazione privata e aver parlato di argomenti religiosi. Nella capitale Tashkent il cristiano battista sudcoreano Roman Tsoi è stato condannato a 10 giorni di carcere per avere partecipato a un incontro di preghiera in una chiesa registrata: a volte le autorità pretendono una specifica autorizzazione per ogni attività religiosa, a parte la messa festiva, anche se non è previsto dalla legge.