Cristiani uniti nel condannare l'uccisione dei due ostaggi musulmani in Iraq
Islamabad (AsiaNews) "L'uccisione dei due ostaggi pakistani in Iraq non è espressione di una lotta per la libertà, ma semplice crudeltà di terroristi senza religione e umanità, dettata solo da interessi personali. I nostri due connazionali, uccisi a causa dell'impegno del Governo contro il terrorismo internazionale, devono essere considerati degli shaheed" [martiri di Allah, ndr]. Il presidente fondatore dell'organizzazione per l'assistenza sociale Teach Awareness through skill and knowledge, il protestante Manzoor W. Bhatti, non è l'unico a condannare l'esecuzione di Sajid Naeem, camionista di 29 anni, e Azad Hussein Khan, ingegnere di 49, avvenuta per mano del gruppo "Esercito Islamico in Iraq" il 28 luglio scorso. Altri rappresentanti dei cristiani nel Paese si uniscono nell'esprimere dolore per l'ennesima violenza contro persone innocenti.
"Tutti noi cristiani vogliamo la pace nel mondo. Con questi atti barbarici non si ottiene nulla", ha dichiarato l'arcivescovo di Lahore, mons. Lawrence John Saldanha. Mentre ha dichiarato la sua vicinanza al dolore dei familiari delle vittime, l'arcivescovo ne ha chiesto "il rientro dei corpi affinché possano avere sepoltura".
Stessi sentimenti di cordiglio e solidarietà alle famiglie nel commento del presidente del Movimento progressista cristiano, Ejaz Ghauri: "Non c'è giustificazione a questi tipi di assassini. Mi associo al dolore delle famiglie".
"Uccidere un solo uomo equivale ad uccidere l'umanità intera", ha dichiarato p. Zacharia Ghauri, del seminario di Santa Maria a Lahore.
Preoccupazione, invece, per la sicurezza delle persone attualmente presenti in Iraq arriva dal segretario esecutivo della Commissione giustizia e pace, Peter Jacob. "Nessuno, al momento, è sicuro in Iraq. Tutte le autorità mondiali dovrebbero prendere le misure necessarie per fermare questi crimini contro l'umanità", ha affermato Jacob.
La notizia della morte dei due ostaggi era già stata accolta con dure condanne da parte del Governo pakistano. "Chi ha commesso questo crimine ha causato un grande danno all'umanità e all'Islam", aveva dichiarato la scorsa settimana Akram Shaeedi, portavoce del governo di Islamabad.
Nonostante la loro fede musulmana i due pakistani, secondo i terroristi, erano colpevoli di aver lavorato per le forze armate USA in Iraq. I rapitori, inoltre, hanno fatto riferimento a frasi del presidente pakistano Parvez Musharraf che prometteva di inviare truppe in Iraq. Il Pakistan, repubblica islamica, si era infatti dichiarato disponibile a inviare truppe per difendere la missione ONU a Baghdad, ma solo su richiesta delle autorità irakene e l'avallo del parlamento pakistano.