Cristiani in Medio oriente “come in una gabbia”, fra esili segni di aperture
Amman (AsiaNews) – Cristiani rinchiusi nelle società islamiche “come in una gabbia”; cristiani come obbiettivo da sterminare in tutto il Medio Oriente; cristiani fatti capro espiatorio delle colpe dell’occidente; ma anche cristiani invitati ad aprire scuole negli emirati arabi; liberi (in Giordania) di svolgere in pubblico tutte le processioni dell’anno liturgico.
Al convegno del Comitato scientifico del Centro Oasis, si susseguono le testimonianze di vescovi, sacerdoti e laici nei Paesi a maggioranza islamica.
Non tutto è polvere e sangue in Medio oriente. Mons. Mounjed el-Haschem, nunzio in Kuwait, ha narrato delle aperture che avvengono in questo Paese e del continuo invito degli emirati ai cristiani di aprire scuole – ve ne sono già 7 - per offrire un’educazione moderna a studenti in maggioranza islamici. Il nunzio racconta anche la “pubblicità” fatta in pubblico dall’emiro del Qatar al Vaticano, esaltando la visione aperta del papa, che “ha permesso (sic) di far nascere una moschea a pochi passi dal Vaticano” [si tratta della moschea di Roma – ndr]. L’emiro ha giustificato così – con una certa “reciprocità” - l’apertura di una chiesa in Qatar, inaugurata lo scorso marzo a Doha.
La qualità delle scuole e la carità verso malati ed handicappati è la chiave di volta per l’accoglienza benevola e perfino “alla pari” dei cattolici nel regno giordano, dove la popolazione è per oltre il 90% musulmana.
Ma in Paesi come l’Iraq, l’Arabia saudita, l’Egitto, la musica cambia. La testimonianza più toccante è stata quella di mons. Shlemon Wardouni, vicario patriarcale di Baghdad, che ha raccontato la situazione della comunità cristiana nel Paese, ormai ridotta al lumicino. Grazie a violenze, rapimenti, uccisioni, minacce, i cristiani sono ormai un piccolo numero. Il loro esodo verso Giordania e Siria e verso l’occidente è “parte di un progetto per svuotare della presenza cristiana il Medio oriente”: un progetto – spiega il prelato – “che non è soltanto islamico”. Chi rimane nel Paese è sottomesso a tasse islamiche, minacce e conversioni forzate, pena la morte. Si arriva perfino ad espropriare un cristiano dei propri figli per renderli musulmani. Mons. Wardouni è scettico verso la nuova costituzione – che alla fine si ispira alla sharia (“Chi ci garantirà la libertà in futuro?”. E anche se negli ultimi tempi la situazione di sicurezza è migliorata, preti e laici cristiani subiscono di continuo rapimenti a scopo di estorsione, da cui si può essere liberati “se ti converti all’islam”.
Il vicario di Baghdad ha anche accennato alla disperazione dei giovani e alla stanchezza degli adulti. Ricordando ancora l’opposizione di Giovanni Paolo II alla guerra del 2003, egli ha chiesto solidarietà e preghiere da parte di tutti i cristiani del mondo, perché anche la politica internazionale “metta al centro il bene degli irakeni”, cristiani e musulmani.
Mons. Paul Hinder, vicario apostolico d’Arabia ha parlato della “gabbia” in cui i cristiani sono rinchiusi nella penisola arabica (“come al giardino zoologico”); ogni piccolo segno di libertà religiosa viene come una concessione del potere, insufficiente a rispondere al bisogno religioso delle persone. In Kuwait, per esempio, si è dato il permesso di aprire una chiesa per 800 – 1000 persone, ma i fedeli cattolici sono oltre 350 mila. Secondo mons. Hinder, “l’abuso di libertà” che si vive in occidente, porta allo scandalo dei musulmani di Arabia verso questo stile di vita ed ha “ricadute sulla libertà religiosa” dei cristiani, assommati tout court all’occidente.
Tutti questi testimoni hanno messo in luce che vi sono piccoli segnali di apertura, ma troppo limitati ed esili, non fondati sul diritto. Il p. Camille Semaan, dell’Egitto, ha fatto notare che spesso i cristiani riscono anche a trovare musulmani comprensivi e simpatetici della loro situazione, ma “si tratta di un’élite”, mentre la popolazione in generale (in particolare in Egitto) diviene ogni giorno più fondamentalista.
20/06/2012
01/08/2017 08:28