Cristiani in Malaysia: corti civili “abdicano” a favore della sharia
Dopo che la Corte federale non ha riconosciuto la conversione di Lina Joy al cristianesimo, la Federazione dei cristiani della Malaysia si dice "preoccupata" per il dilagare della legge islamica imposta anche a cittadini non musulmani e invita il governo a riaffermare la giurisdizione delle corti civili, "affinché tutti godano di una reale libertà religiosa".
Kuala Lumpur (AsiaNews) – “Preoccupata” dopo il verdetto di oggi sul caso Lina Joy, la comunità cristiana in Malaysia chiede alle autorità di riaffermare la supremazia della Costituzione sulla legge islamica. Le prime reazioni all’attesa sentenza sono contenute in un comunicato diffuso oggi dalla Federazione dei cristiani della Malaysia (CFM), gruppo in prima fila nella lotta contro il dilagare della sharia nel Paese.
Oggi la Corte federale, il più alto tribunale civile del Paese, ha rimesso alla corte islamica la decisone sulla richiesta di Lina Joy di togliere la voce “islam” dalla sua carta di identità. La donna, 42 anni, si è convertita al cristianesimo più di 10 anni fa e ha bisogno di questo riconoscimento per sposare il fidanzato, un cristiano di origine indiana. In questo modo, sottolinea il messaggio della CFM, “il tribunale ribadisce la posizione dell’Ufficio anagrafe che per il cambio di religione esige un certificato della Corte islamica , che dichiari ‘apostata’ la donna”. In Malaysia la sharia prevede il carcere o multe salate per chi si converte ad altra religione. Di fatto nel Paese esistono due legislazioni: quella islamica e quella costituzionale che spesso entrano in conflitto.
Secondo la CFM, siamo davanti ad una piena “violazione del diritto fondamentale di un individuo a professare ed esprimere la propria religione, come garantito dall’art. 11” della Costituzione. “Notiamo con grande preoccupazione – continua – che questa decisione riflette la crescente tendenza delle corti civili ad abdicare le loro responsabilità nei confronti di chi cerca solo di vivere la sua fede secondo coscienza”.
Il documento, a firma del presidente della CFM, mons. Paul Tan Chee Ing, SJ, suggerisce al governo di rivedere la legislazione e riaffermare la giurisdizione dei tribunali civili in modo che tutti i malaysiani vedano garantito il loro diritto a scegliere una religione”. Infine la CFM si impegna a continuare la “collaborazione con il governo e tutti i malaysiani per sostenere il carattere multirazziale, multiculturale e interreligioso della nostra nazione”.
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