Cristiani e buddisti: essere poveri e combattere la cattiva povertà
Città del Vaticano (AsiaNews) – Un ringraziamento ai “cari amici buddisti” per la loro “illuminante testimonianza di distacco ed appagamento per ciò che si ha” e insieme un invito a “combattere” quella povertà “che impedisce alle persone e alle famiglie di vivere secondo la loro dignità; una povertà che offende la giustizia e l’uguaglianza e che, come tale, minaccia la convivenza pacifica”. Sono le due note su cui si basa il messaggio per la festa di Vesakh, che il Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso ha diffuso oggi. La festa di Vesakh è la più importante per i buddisti e ricorda la sua nascita, illuminazione e morte, avvenuti tutti nel mese di Vesakh. Quest’anno la festa cade l’8 aprile in Giappone e Taiwan, il 2 maggio in Corea e l’8 maggio in tutti gli altri Paesi di tradizione buddista.
Con parole semplici e amichevoli, il Messaggio esprime la vicinanza dei cattolici alle comunità buddiste. “Insieme – si dice - noi siamo in grado non solo di contribuire, nella fedeltà alle nostre rispettive tradizioni spirituali, al benessere delle nostre comunità, ma anche a quello di tutta la comunità umana”.
Ricordando le parole di Benedetto XVI su una povertà “da scegliere” e una “da combattere” (Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2009; omelia alla messa del 1° gennaio), il Pontificio consiglio esprime apprezzamento perché “monaci, monache e molti laici devoti tra di voi abbracciano la povertà ‘da scegliere’, che nutre spiritualmente il cuore umano, arricchendo in maniera sostanziale la vita con uno sguardo più profondo sul significato dell’esistenza”.
Allo stesso tempo si precisa che “per un cristiano, la povertà che va scelta è quella che consente di camminare sulle orme di Gesù Cristo. Facendo così un cristiano si rende disponibile a ricevere le grazie di Cristo, che da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà (cfr. 2 Cor. 8,9)”. Il Messaggio ricorda anche la “povertà da combattere”: “povertà relazionale, morale e spirituale”, l’emarginazione che si vive nelle società ricche e le “diverse forme di disagio nonostante il benessere” e invita le comunità buddiste a “promuovere la buona volontà dell’intera comunità umana”.