Cristiani e buddisti in piazza a Seoul contro la carne Usa
Seoul (AsiaNews) – Si susseguono le proteste pubbliche non violente organizzate da gruppi religiosi cattolici, protestanti e buddisti contro l’importazione di carne di manzo dagli Stati Uniti, con marce comuni e funzioni religiose in piazza davanti ai palazzi pubblici (nella foto la messa organizzata ieri davanti al municipio di Seoul dall’Associazione dei preti cattolici per la giustizia, Cpaj). Centinaia di gruppi religiosi, uniti come Associazione del popolo per le misure contro il morbo della mucca pazza (Pamamcd), portano migliaia di persone in piazza per chiedere al presidente Lee Myung-bak di rinegoziare gli accordi con gli Usa e per criticare la violenza e le bugie della polizia contro i manifestanti.
Veglie a lume di candela saranno organizzate a Seoul nella Piazza del municipio fino a venerdì 4 luglio, dove oggi c’è stata una messa cattolica, domani sarà tenuta una funzione di preghiera protestante e il 4 una cerimonia buddista.
Oltre 200 sacerdoti cattolici hanno celebrato la messa del 30 giugno nella Piazza del municipio, davanti a oltre 40mila fedeli tra i quali migliaia di sacerdoti e suore. E’ seguita una marcia pacifica a lume di candela verso la South Gate e Euljiro. Decine di partecipanti hanno dichiarato uno sciopero della fame contro la politica repressiva di Lee.
Padre Kim In-guk ha annunciato alla tv l’inizio dello sciopero della fame, anche per “condividere le sofferenze della popolazione. La nostra gente è davvero colpita per la situazione di violenza e la sua autostima è scossa”. I gruppi religiosi vogliono dimostrare, con la non violenza e le veglie a lume di candela, il desiderio di riprendere un dialogo con un governo sempre più criticato, sia per l’accordo “umiliante” raggiunto per la carne Usa, mlgrado la volontà popolare, sia per la violenza usata dalla polizia per reprimere le proteste di piazza.
Jeong Hae-gu, professore dell’anglicana università Sungkonghoe, osserva che “nella nostra democrazia non è certo possibile risolvere i contrasti aspri con qualche arresto. Sbaglia il governo, se pensa che questi problemi siano risolvibili con l’aumento delle misure di sicurezza pubblica”.