03/05/2019, 12.02
LIBANO
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Cristiani di Tripoli: una piccola comunità ponte di dialogo, apertura e convivenza

di Ornella Antar

Prima della guerra del 1975 i fedeli di tutte le confessioni rappresentavano il 45% circa della popolazione. Ora non superano il 5%. La ragione principale delle migrazioni è di natura economica, fra cui la mancanza di lavoro. La loro presenza non si avverte solo nell’ambito religioso, ma anche nella vita culturale, sociale e politica”. Per gentile concessione de L’Orient-Le Jour. 

Beirut (AsiaNews/OLJ) - In alcuni villaggi, anche in quelli a maggioranza cristiana, i fedeli a volte faticano a trovare un numero sufficiente di chiese per compiere il rito del pellegrinaggio alle sette chiese del Giovedì Santo. In altre città, il pellegrinaggio viene compiuto a volte in auto, perché i luoghi di culto sono troppo distanti l’uno dall’altro per percorrere il tragitto a piedi.

Tuttavia a Tripoli, capoluogo del Nord-Libano, i cristiani hanno l’imbarazzo della scelta! Nel centro della città, si trovano otto chiese all’interno della stessa strada che, in modo assai banale, porta il nome di via delle Chiese. Nell’arco di un’ora - comprendendo anche il cammino e la recita di alcune brevi preghiere all’interno di ciascun luogo di culto - i cristiani di Tripoli effettuano il loro pellegrinaggio. Essi si recano alla chiesa di San Marone, alla chiesa latina e poi ancora a quella protestante, passando per la cattedrale di San Michele dei maroniti, la chiesa di San Giorgio e la chiesa ortodossa di San Nicola e la chiesa di San Giuseppe dei siro-cattolici.  

I fedeli più pii e devoti si raccolgono per qualche minuto in preghiera anche nella chiesa dell’arcivescovo cattolico, compiendo così un pellegrinaggio di otto chiese, invece di sette. 

Il 5% del totale degli abitanti della città

Tutte le domeniche, nuovi volti compaiono fra i banchi della chiesa di San Marone o ancora, fra le fila dei fedeli che si presentano al cospetto del sacerdote per ricevere la comunione. “Incontriamo dei volti familiari, altri sconosciuti che provengono da Zghorta, da Koura o ancora da Akkar per celebrare la messa domenica a Tripoli” afferma p. Joseph Farah, prete della parrocchia San Marone di Tripoli e direttore del campus di Mejdlaya (Nord-Libano) dell’università antonina, che si preoccupa di ricordare che prima della guerra civile un discreto numero di cittadini di Zgharta vivevano a Tripoli. 

I cittadini di quest’area avvertono sempre una grande nostalgia e attaccamento per questa parrocchia. Secondo p. Farah, tutti Venerdì Santi di ogni anno la chiesa di San Marone, che raggruppa la più grande parrocchia di maroniti a Tripoli, brulica di persone, tanto che i fedeli riuniti sulla piazza della chiesa sono due volte più numerosi di quelli che sono riusciti a trovare posto all’interno. 

“Sarebbe esagerato - precisa il sacerdote maronita - lanciare delle cifre importanti in un momento in cui il numero dei cristiani a Tripoli, unendo tutte le confessioni, non supera il 5% degli abitanti della città”. Prima della guerra civile del 1975, aggiunge, il dato relativo ai cristiani nella capitale del Nord-Libano era di circa il 45%. “A Tripoli - prosegue - crediamo con forza che la presenza cristiana sia un fattore di qualità. E non lo diciamo perché il numero si sia ridotto. Abbiamo da sempre questa opinione, con la stessa forza, nel periodo in cui essi rappresentavano la metà degli abitanti della capitale del Nord”. 

“Non è che solo noi siamo legati - afferma ancora p. Farah - alla presenza cristiana a Tripoli, perché anche i musulmani, siano essi autorità politiche o religiose, o semplici cittadini, lo sono quanto noi e anche di più”. Per il sacerdote maronita i musulmani ci tengono a questa presenza all’interno della città, perché essa garantisce la diversità e l’apertura, e poiché essa crea e mantiene vivi i ponti fra la città e l’estero”. 

Rami Hosni, ingegnere originario di el-Mina e membro attivo del Movimento della gioventù ortodossa, propende per la stessa teoria: “La presenza - sottolinea - dei cristiani in città non si avverte solo all’atto pratico nell’ambito religioso, ma si sente anche nella vita culturale, sociale e politica”.

Egli si sofferma a lungo sulla dinamica creata dal movimento in tutta Tripoli, ma soprattutto a el-mina, dove si trova il maggior numero di greci-ortodossi. “I membri di questo movimento - sottolinea - sono molto attivi e coinvolti nella vita della città. Essi organizzano avvenimenti di natura religiosa o di altro tipo, lanciano delle iniziative”. “È all’interno di questo gruppo che si conoscono i giovani, dove si sviluppano le amicizie e la comunità si sente un tutt’uno”. 

“Questa comunità - avverte Hosni - è peraltro lontana dall’essere racchiusa su se stessa, al contrario, il Movimento dei giovani ortodossi è assai aperto e intrattiene buone relazioni con gli altri gruppi e le associazioni musulmane della città”. Egli pone l’esempio delle iniziative lanciate, ogni anno, assieme ad una associazione musulmana per aiutare bambini musulmani durante il Ramadan.   

P. Farah ammette, non senza una punta di ironia, che i greco-ortodossi di Tripoli hanno sempre avuto relazioni migliori con i maroniti che con i loro vicini musulmani. “Questo risale con tutta probabilità - spiega - al fatto che i greco-ortodossi e i musulmani sunniti sono degli abitanti delle città e della costa e condividono per tradizione un temperamento e abitudini comuni”. Ma i maroniti non restano certo indietro: “Sono stati i vicini musulmani di San Marone - aggiunge - a chiamarmi per la prima volta di domenica, quando non abbiamo potuto suonare le campane per annunciare l’inizio della messa, perché il meccanismo che ne regolava il funzionamento si era inceppato”. 

I cristiani, garanti della diversità

Secondo Hosni, almeno 25 famiglie greco-ortodosse hanno lasciato el-Mina lo scorso anno per stabilirsi nelle regioni vicine, come Zghorta e Koura. E nel corso degli ultimi 10 anni, il numero di famiglie greco-ortodosse a el-Mina è passato da circa 1500 a 975. 

Se davvero interessa così tanto a tutti la presenza cristiana in città, perché il suo numero continua a calare? “Prima della guerra del 1975 - ricorda p. Farah - il numero dei cristiani in città era assai elevato. La presenza cristiana a Tripoli risale ai tempi degli apostoli, perché l’apostolo Pietro è passato dal porto di Tripoli e i francescani, tanto per fare un esempio, presto festeggeranno i 1500 anni della loro presenza”. 

Tuttavia, per il sacerdote maronita, così come per Hosni, la ragione principale della migrazione dei cristiani è di natura economica e riguarda l’insieme dei tripolitani, di tutte le confessioni. “A causa della mancanza di opportunità di lavoro - precisa p. Farah - i giovani lasciano la loro città per la capitale o abbandonano il Libano alla ricerca di un impiego”.

Secondo Hosni, le violente battaglie che hanno avuto luogo negli ultimi anni tra i due quartieri rivali di Jabal Mohsen e Bab el-Tebbaneh costituiscono, agli occhi dei giovani, un motivo in più per stabilirsi al di fuori di Tripoli nelle regioni limitrofe.

Questo continuo declino del numero dei cristiani a Tripoli sarebbe una motivazione ulteriore per i fedeli per riunirsi con maggiore vigore attorno alle loro parrocchie? P. Farah e Hosni sembrano concordare su questo punto. “L’arcivescovo maronita di Tripoli - sottolinea il sacerdote - di recente ha deciso di nominare preti relativamente giovani e dinamici, perché queste parrocchie, soprattutto le più attive, attirano fedeli di tutte le regioni e di tutte le età”.

Il sacerdote precisa che i maroniti di Tripoli sono divisi in cinque parrocchie: quella San Marone è la più grande e la più attiva; seguono poi, in ordine decrescente, le parrocchie di el-Mina, di Zahriyé, poi ancora quelle di Kobbé e Bab el-Tebbaneh, la cui presenza è più che altro simbolica.

I greco-ortodossi, più numerosi dei maroniti, sono a loro volta raggruppati in due parrocchie, formate da quattro chiese: la cattedrale di San Giorgio e la chiesa di San Nicola a Tripoli, un’altra cattedrale di San Giorgio e la chiesa di Sant’Elia a el-Mina. Secondo Hosni, la cattedrale di San Giorgio a el-Mina è l’unica in Libano che continua a celebrare con cadenza quotidiana le preghiere del mattino e della sera secondo il rito bizantino, il mattinale e i vespri. “Senza i cristiani, Tripoli finirebbe per ripiegarsi ancor più su se stessa. Essa - conclude p. Farah - sarebbe indirizzata ancor più verso l’estremismo e perderebbe per sempre quel che resta della ricchezza e della diversità che la caratterizzava prima della guerra civile”.

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