Cristiani di Maaloula: ‘All’attacco hanno partecipato anche i nostri concittadini musulmani’
Beirut (AsiaNews) - Secondo le famiglie fuggite da Maaloula, alcuni loro concittadini musulmani hanno preso parte all'attacco che ha devastato il villaggio - situato a 50 chilometri da Damasco - mettendone in fuga gli abitanti. Percepita come uno strappo ai rapporti di fiducia che da sempre legano cristiani e musulmani a Maaloula, la presenza nella compagine ribelle siriana di giovani combattenti provenienti dallo stesso villaggio ha generato molto sconforto nella popolazione cristiana. È un episodio rivelatore della crescente ambiguità della rivolta armata in Siria. I musulmani rappresentano il 30% della popolazione del villaggio.
Questi dati pongono in prospettiva la sequenza dei combattimenti che si sono verificati a Maaloula dal 3 al 7 settembre scorsi. Esprimendosi per la prima volta sotto la copertura dell'anonimato, alcuni sopravvissuti raccontano come gli uomini del Free Syrian Army abbiano coordinato i propri attacchi per provare a prendere il controllo di Maaloula. L'esplosione di un veicolo, guidato da un commando suicida, al posto di blocco dell'esercito posizionato all'ingresso del paese, ha dato il segnale per l'attacco. Pochi istanti dopo, gruppi armati provenienti dal centro della stessa Maaloula sono scesi in campo, sfondando le porte e le finestre delle abitazioni cristiane e facendovi irruzione al'interno.
Fornendo dettagli drammatici, i testimoni descrivono il clima di terrore creatosi nel villaggio e le esecuzioni sommarie, avvenute sabato 7 settembre, di tre uomini che si sono rifiutati di rinnegare la propria fede, dopo un tentativo da parte dell'esercito governativo di riprendere possesso del villaggio; o anche la presa in ostaggio di altri sei abitanti, la sorte dei quali è sconosciuta.
Una delle sopravvissute, racconta che la sua casa è stata invasa subito dopo l'esplosione al posto di blocco. I ribelli sono entrati nell'abitazione muovendosi come se i luoghi fossero a loro familiari. Rifugiatasi con suo marito e le loro figlie in un locale sul retro della casa, è stata raggiunta dai suoi aggressori, i quali si vantavano di aver distrutto la statua della Vergine che era all'ingresso dell'abitazione. Dopo un singhiozzo strozzato in gola, racconta di essersi sentita morire, temendo che sua figlia sarebbe stata violentata davanti ai suoi occhi; paura che, fortunatamente, si è verificata infondata. Ricorda poi soprattutto come suo marito sia stato forzato a rinnegare la propria fede cristiana con la canna di un fucile puntata alla tempia.
Ripensando al segretario di Stato Usa, John Kerry, che, davanti a una commissione senatoriale, aveva definito 'moderate' le forze del Free Syrian Army, , la donna scuote sconfortata la testa di fronte a tanta ignoranza e malafede. Ai suoi occhi, la stampa occidentale sembra aver perso tutta la propria credibilità.
Secondo alcuni analisti, l'attacco mosso contro Maaloula potrebbe essere stato incoraggiato dal clima di euforia seguito all'eventualità di un attacco punitivo da parte degli Stati Uniti contro la Siria. Ma una contro-offensiva da parte dell'esercito, appoggiata dai giovani del villaggio e poi inspiegabilmente cancellata all'ultimo minuto, si è rivelata ancor più devastante. L'ufficiale cristiano che ha ordinato questa ritirata è stato arrestato, assicurano gli abitanti di Maaloula.
Le famiglie fuggite dal villaggio hanno trovato rifugio essenzialmente a Bab Touma, il quartiere cristiano di Damasco, mentre alcuni hanno raggiunto parenti in Libano o i conventi della Chiesa greco-cattolica della zona. Non ci sono rifugiati cristiani che vivono nelle tende, assicurano.
Oggi, la popolazione del villaggio, un'icona vivente dai tempi di Gesù, soprattutto poiché vi si parla la sua lingua, l'aramaico, è stata provvisoriamente dispersa. Nella sede dell'arcivescovato cattolico di Beirut, è stata celebrata una messa per loro il giorno della festa di Santa Tecla (24 settembre), "al pari degli apostoli", che una tradizione associa a Maaloula.
Sebbene nella piazza centrale ci sia un rassicurante posto di blocco dell'esercito, il villaggio è ancora sotto il tiro dei ribelli che controllano le alture. Secondo i racconti della popolazione, pneumatici incendiati hanno colpito diverse case nel quartiere cristiano, mentre colpi di armi da fuoco hanno preso di mira i serbatoi di cherosene provocando incendi in alcune zone della cittadina. Questi incidenti confermano nei cristiani il senso di non essere più desiderati in casa propria.
Quanto al convento greco-cattolico dei santi Sarkis e Bakhos, esso è abbandonato e nessuno lo può raggiungere. Da lontano, si può constatare che la croce della sua cupola è stata bruciata, che una parte dell'edifico riporta segni di incendio e non sappiamo che fine abbiano fatto le icone del X° secolo che erano all'interno.
Il convento ortodosso di Mar Takla (Santa Tecla), vive dei giorni dolorosi. Situato tra la collina di Maaloula - controllata dai ribelli - e la piazza centrale - occupata dall'esercito - ospita una quarantina di persone tra suore e orfani. Il patriarcato greco-ortodosso a Damasco ha lanciato un appello per facilitare l'arrivo di viveri.
In alcuni ambienti ecclesiastici, ci si interroga sull'utilità di un conflitto armato a Maaloula. E si domandano se, oltre ai cristiani di questo villaggio, non è il cristianesimo stesso, diffusosi grazie alla comunità di lingua aramaica, ad essere vittima. È un po' come si è verificato in Afghanistan con la distruzione dei Buddha giganti da parte dei Talebani, credendo di sradicare così le fedi e le superstizioni del passato, in totale mancanza di sensibilità verso tutte le diversità religiose e culturali. Non vi è dubbio, infatti, che la dispersione della comunità cristiana di Maaloula metta in pericolo l'inestimabile patrimonio culturale che essa costituisce e la sua stessa esistenza.