Cristiani di Gaza, si torna alla normalità, tra paura e frustrazione
Riaprono le scuole del Patriarcato e le famiglie si cercano per sapere come stanno amici e parenti. Padre Musallam, parroco a Gaza City: “Per ridare la gioia ci vuole ben altro che gli aiuti umanitari”. Ieri la comunità greco-ortodossa si è ritrovata per la prima volta i chiesa dopo aver passato il Natale sotto le bombe.
Gaza (AsiaNews) - “Stiamo cercando di ricominciare a vivere, ma è davvero difficile”. Padre Manawel Musallam, parrocco della Sacra Famiglia a Gaza City, spiega ad AsiaNews la situazione della piccola comunità cattolica in questi giorni di “pace relativa” nella Striscia. “Come tutti, anche le nostre famiglie hanno perso la casa o subito danni incalcolabili. Sono stati giorni terribili e scioccanti. Adesso è davvero difficile tornare alla normalità. Abbiamo riaperto le tre scuole del Patriarcato e i bambini hanno ricominciato a venire, ma ci manca di tutto. Una delle strutture poi è stata bombardata e lì è più difficile che nelle altre. Questi giorni sono stati soprattutto l’occasione per ricominciare a vedersi, raccogliere informazioni su amici e parenti”.
Padre Musallam è scoraggiato e amareggiato: “Cerchiamo di aiutarci a vicenda; le suore, i religiosi, le famiglie stanno facendo del loro meglio, ma qui non abbiamo bisogno solo di cibo. La distruzione delle strutture è minimale in confronto a quella che la nostra gente ha patito nel cuore. Ogni aiuto serve, ma per ridare la gioia ci vuole ben altro che l’assistenza umanitaria. C’è ancora la paura che da un momento all’altro Israele possa ricominciare i bombardamenti e la frustrazione di finire ad essere trattati per sempre come degli schiavi”.
Anche la comunità ortodossa, 3mila persone che costituiscono la maggioranza cristiana nella Striscia, sta cercando di tornare alla normalità. Come racconta l’arcivescovo Alessio, vescovo di Gaza, ieri “è stato il primo giorno in cui molti fedeli hanno potuto tornare in chiesa dal cessate il fuoco”.
I bombardamenti di Israele hanno impedito alla comunità di festeggiare il Natale che cadeva il 7 gennaio e adesso si cerca in qualche modo di recuperare. “Vivo in Terra Santa da 42 anni - dice il vescovo greco-ortodosso - e ho attraversato tutte le guerre, ma questa è stata la più difficile”. La sua comunità non è rimasta illesa: sono morte tre persone, tra cui anche una ragazza.
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