Cristiani delusi: Ankara rimanda il viaggio del papa in Turchia
Il governo teme la troppa pubblicità su Bartolomeo I e le critiche alla situazione dei diritti umani nel paese. Il nunzio Farhat: "La Turchia, nazione nemica dei cristiani".
Ankara (AsiaNews) Dopo vari tentennamenti ieri è arrivata la risposta diplomatica, ma chiara di Ankara all'atteso viaggio di Benedetto XVI in Turchia. L'invito tanto atteso dallo Stato turco è arrivato sì, in Vaticano, ma con un diplomatico e nebuloso: "Vi aspettiamo in Turchia per il 2006", placando inesorabilmente "gli spasimi del papa, che hanno così turbato lo Stato", così come l'insistenza della visita papale era stata definita da parte del giornalista Evren Mesci sul quotidiano Sabah. Il presidente Ahmet Necdet Sezer ha invitato il pontefice a recarsi in Turchia nel 2006, perché "possa rendersi conto di persona del clima di tolleranza culturale" che vige in questo paese a maggioranza musulmana. Il viaggio, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Namika Tan, "favorirà i suoi sforzi tesi a intensificare il dialogo fra le religioni e la reciproca comprensione fra le civiltà a livello globale".
E' da settimane che sui giornali turchi veniva data importanza alla visita del papa a questa nazione, soprattutto con l'avvicinarsi della probabile data del suo arrivo fissato per il 30 novembre, in occasione della festa di San Andrea. L'invito rivolto a Benedetto XVI era giunto da parte del patriarca Bartolomeo I, sulla scorta di una tradizione ormai stipulata tra il patriarca ecumenico ortodosso e la maggiore autorità del mondo cattolico, iniziata con papa Paolo VI e proseguita da Giovanni Paolo II.
Come sottolinea, però, Deger Akal, giornalista del quotidiano nazionale Vatan: "Il piano del patriarca Bartolomeo di invitare il papa in novembre è stato un buco nell'acqua".
È proprio questo tipo di invito - dato per scontato senza l'invito ufficiale del presidente della Repubblica turca - che ha infastidito molto le autorità civili: il papa non si deve dimenticare che ancor prima di essere un capo religioso, è ritenuto dai turchi un capo di Stato, lo Stato del Vaticano, e quindi deve seguire determinate regole e protocolli.
Già due giorni fa sui giornali cominciava a serpeggiare un forte sospetto su un probabile rifiuto alla visita, dovuto a tre argomenti fastidiosi: il timore di dover riconoscere il patriarca greco ortodosso "ecumenico" e quindi di dargli un titolo e una portata universale, andando oltre i confini nazionali; la richiesta imbarazzante del Papa di poter pregare a Santa Sofia; le dichiarazioni scottanti di Ratzinger e non solo - che richiamerebbero l'inesistente libertà religiosa in Turchia.
Un altro tipico atteggiamento turco: non rifiutare mai, ma rispondere con un "ni"!
E Bartolomeo I? Pubblicamente ha chinato la testa, affermando ai giornalisti: "Per noi sarebbe stato un grande gesto se il papa avesse potuto partecipare alle nostre feste e ci sembrava naturale che potesse fare visita al "suo piccolo fratello", ma ormai abbiamo perso la speranza, visto che Ankara ha infranto il nostro invito. Non è certo una situazione simpatica, ma noi non vogliamo insistere, né creare crisi di Stato. I nostri grandi hanno valutato meglio così e a noi non piace ostinarci".
"Ma perché Ankara ha reagito così?", si chiede il giornalista Deger Akal. "Secondo fonti turche risponde nell'articolo pubblicato oggi su Vatan tutti gli occhi del mondo sarebbero stati puntati sulla Turchia durante la visita del papa e la Turchia teme le critiche che potrebbero insorgere e non vuole affrontare di petto osservazioni pesanti come quelle affermate dal nunzio vaticano di Ankara, Edmond Farhat. "La Turchia è una nazione nemica dei cristiani. Si definisce una nazione laica, ma la libertà è riportata solo sulla carta".
Meglio non svegliare il can che dorme, dunque. Ops, che sonnecchia soltanto. Così l'invito è stato rimandato a tempi migliori.27/02/2019 08:00