Crisi politica thai: appello per una “soluzione pacifica” di 43 Ong asiatiche
di Nirmala Carvalho
I manifestanti chiedono l’incriminazione del vice-premier, presunto responsabile delle violenze del 10 aprile. Il governo replica: condizioni “non chiare”. Un gruppo di Ong dell’Asia invia una lettera al Ministero thai degli esteri in cui esprime “preoccupazione” per la situazione. Attivista indiano: rispetto del diritto internazionale.
New Delhi (AsiaNews) – Un gruppo formato da 43 Organizzazioni non governative di tutta l’Asia ha inviato una lettera al Ministero thai degli esteri, invitando il governo a “non usare la violenza” per mettere fine alla crisi politica che da due mesi ha colpito il Paese. Le Ong manifestano “preoccupazione” per la situazione di tensione, condannano con forza gli scontri a Bangkok delle ultime settimane e invitano entrambi i fronti a “trovare una soluzione pacifica”.
Questa mattina i leader delle “camicie rosse” – i manifestanti anti-governativi dello United Front for Democracy against Dictatorship (UDD) – hanno annunciato proteste a oltranza. Gli oppositori, vicini all’ex premier in esilio Thaksin Shinawatra, spiegano che solo “la comparizione del vice-premier Suthep Thaugsuban davanti alla Divisione per la prevenzione del crimine” metterà fine all’occupazione del distretto finanziario della capitale. Oggi Suthep ha fornito la propria versione dei fatti al Dipartimento speciale di indagine (DSI). I manifestanti, invece, chiedono che il vice-premier venga indagato in via ufficiale dalla polizia.
Intanto il governo bolla come “non chiare” le condizioni dettate dai manifestanti, in risposta all’ultimatum lanciato dal premier thai Abhisit Vejjajiva. Panitan Wattanayagorn, portavoce dell’esecutivo, sottolinea che “abbiamo fatto del nostro meglio” per risolvere la situazione e aggiunge che “non possiamo rispondere a un qualcosa che non riusciamo a capire”.
La tensione politica in Thailandia interessa diversi Paesi dell’area e preoccupa molte Ong asiatiche, firmatarie della lettera inviata al Ministero thai degli esteri. Gli attivisti chiedono il rispetto degli standard internazionali di legalità e la creazione di un Comitato di indagine sulle violenze del 10 aprile a Bangkok (25 morti e oltre 900 feriti). Essi denunciano anche il blocco di 10 emittenti tv e siti web, che costituisce un “passo indietro” nel cammino democratico del Paese, sebbene la dichiarazione di “emergenza” comporta “la restrizione di alcuni diritti”.
Fra le 43 ong asiatiche che hanno sottoscritto il documento vi è anche il Peoples Vigilance Committee For Human Rights (PVCHR), con base in India e diretto da Lenin Raghuvanshi. Il 30 aprile scorso l’attivista indiano, insieme ai responsabili di altre 4 ong, ha incontrato un gruppo di leader del gruppo di pressione UDD, rinnovando l’appello a “negoziati pacifici” con il governo.
“La protesta delle ‘camicie rosse’ – racconta Lenin Raghuvanshi – è molto ben organizzata. Abbiamo cercato di intavolare negoziati non violenti con il partito dei rossi e il governo. Le ‘camicie rosse’ insistono sul fatto che il governo è illegale”. L’attivista aggiunge di aver riferito ai leader della protesta “l’attenzione con cui la comunità internazionale segue gli sviluppi” e che “nessuno giustificherà o perdonerà l’uso della violenza”. I responsabili delle Ong hanno lanciato anche un appello al governo thai perché “rispetti gli standard internazionali”.
Lenin Raghuvanshi racconta infine un aneddoto “divertente” che è accaduto nel corso della visita: “la notte abbiamo visto un gruppo di militari che cantava e intratteneva le ‘camicie rosse’. I dimostranti sono fermi nella protesta, per questo – conclude – è importante che le organizzazioni internazionali mostrino solidarietà nei loro confronti”.
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