Crisi finanziaria, l’impegno di Washington e Pechino “nella tempesta”
Pechino (AsiaNews) – Cina e Stati Uniti si impegnano a lavorare insieme a risolvere la crisi economica mondiale. Pechino da parte sua, ha chiesto maggior impegno a Washington per stabilizzare economia e mercato e evitare una recessione mondiale.
Sono queste le prime prospettive del “Dialogo economico e strategico” che si è aperto oggi a Pechino e durerà 2 giorni. Davanti alla delegazione americana guidata da Henry Paulson, segretario Usa del Tesoro, il vice-premier Wang Qishan, copresidente dell’incontro, ha domandato agli Stati Uniti di “prendere tutte le misure necessarie per stabilizzare il più presto possibile la sua economia e il mercato finanziario, garantendo la sicurezza degli investimenti cinesi e gli interessi degli Stati Uniti”.
Paulson, da parte sua, ha elogiato “il ruolo responsabile della Cina durante la tempesta”. Egli ha anche sottolineato che in questi due giorni i due Paesi devono trovare modi di collaborare nei forum internazionali per rafforzare il sistema economico globale. Il segretario del Tesoro Usa si attende collaborazione nel campo della produzione di energia elettrica, nei trasporti, nella purificazione dell’aria e dell’acqua e nella protezione delle aree naturali.
Le due economie sono intrecciate. Più del 60% delle riserve monetarie cinesi (pari a circa 2mila miliardi di dollari) sono in dollari e una grossa fetta è costituita da debiti del Tesoro Usa e delle agenzie Fannie Mae e Freddie Mac, rilevate dal governo di Washington per salvarle dal fallimento. La Cina teme però che la situazione economica americana porterà a una svalutazione delle sue riserve e molti a Pechino vorrebbero liberarsi del peso del debito americano.
Intanto, anche la Cina sente la crisi e per il 2009 è prevista una crescita del 7,5%, la più bassa da 20 anni. Per questo, oltre a un pacchetto di stimolo, Pechino vorrebbe tenere basso il valore dello yuan, indietreggiando su una policy di apprezzamento della sua moneta, per facilitare le esportazioni cinesi. Ma questa decisione scontenta tutte le economie occidentali, Stati Uniti in testa.