Cresce sempre di più la tensione con Teheran. Fino alla guerra?
di Paul Dakiki
L’Iran minaccia di chiudere lo stretto di Ormuz, dove passa il 40% del petrolio mondiale. Usa e Ue vigilano e meditano un inasprimento delle sanzioni contro il programma nucleare iraniano. Ma vi sono senatori e studiosi che invitano gli Usa ad attaccare Teheran. Gli aiuti italiani ai profughi siriani (o agli insorti?).
Beirut (AsiaNews) – La tensione fra Teheran e il resto del mondo continua a crescere ogni giorno, tanto che alcuni analisti pensano che entro il 2012 ci possa essere una guerra. L’ultimo capitolo del braccio di ferro è quello scoppiato ieri con le minacce incrociate fra Iran e Stati Uniti e Unione europea sullo stretto di Ormuz.
Il 27 dicembre scorso il vice-presidente iraniano Mohammad Reza Rahimi ha minacciato che se vi saranno nuove sanzioni contro il suo Paese “nemmeno una goccia di petrolio passerà attraverso lo stretto di Ormuz”. Ieri, l’ammiraglio Habibollah Sayari (v. foto) ha dichiarato alla tivu iraniana che chiudere lo stretto di Ormuz sarebbe “facile come bere un bicchiere d’acqua”.
Lo stretto di Ormuz ha una forte importanza strategica per il commercio internazionale. Esso unisce il Golfo e i diversi Paesi del petrolio a tutto l’oceano indiano: attraverso le sue acque passa almeno il 40% delle petroliere nel mondo; circa 15 milioni di barili di greggio al giorno.
Per questo ieri sera il Pentagono ha subito risposto che esso “non tollererà” nessun blocco di Ormuz. Rebecca Rebarich, portavoce della Quinta flotta navale Usa, che mantiene una “robusta presenza” nel Golfo, ha dichiarato di essere capace di “salvaguardare i nessi vitali per la comunità internazionale”.
Bernard Valero, portavoce del ministero francese degli Esteri ha detto che lo stretto di Ormuz è un passaggio internazionale e perciò “tutte le navi, di qualunque bandiera, hanno il diritto di transito”.
Le minacce di Teheran sembrano essere una ripicca contro l’occidente che di recente ha imposto nuove sanzioni contro l’Iran, dopo che un rapporto Onu ha mostrato una escalation nel suo programma nucleare.
Da anni Stati Uniti e Ue accusano Teheran di voler usare il programma nucleare per scopi bellici. L’Iran rifiuta le accuse e afferma che i suoi programmi sono tutti pacifici.
Il mese prossimo la Ue valuterà un ulteriore rafforzamento delle sanzioni, fino a toccare le esportazioni di greggio e le operazioni finanziarie ad esso collegate, sulla scia di quanto gli Usa hanno già fatto. Sanzioni alle esportazioni di greggio – l’80% della sua economia - sarebbero un duro colpo alla già provata situazione economica dell’Iran.
Cina e Russia, grandi partner commerciali di Teheran, sono contrari all’innalzamento delle sanzioni. La possibilità dell’indurimento delle sanzioni va di pari passo con sempre maggiori minacce di un attacco aereo che dovrebbe andare a colpire gli impianti nucleari iraniani.
Secondo fonti della regione, nel loro incontro lo scorso 16 dicembre a Washington, il presidente Barack Obama e il ministro israeliano Ehud Barack hanno discusso di questa ipotesi.
Anche diversi senatori Usa (come Joseph Lieberman) chiedono che nel 2012 vi sia un attacco contro l’Iran. Intanto, la politica Usa (e della Nato) cerca di isolare la Siria, per diminuire l’impatto di possibili reazioni iraniane in Medio oriente.
Matthew Kroenig, esperto di problemi nucleari, su Foreign Affairs Magazine del 27 dicembre, scriveva: “Con la chiusura della guerra in Afghanistan e in Iraq, e con le difficoltà economiche in patria, gli americani non hanno un grande appetito per un ulteriore conflitto. Ma il rapido sviluppo nucleare iraniano alla fine costringerà gli Stati Uniti a scegliere fra un conflitto convenzionale e una possibile guerra nucleare. Di fronte a questa decisione, gli Usa dovrebbero condurre un attacco chirurgico sugli impianti nucleari iraniani, assorbire un inevitabile serie di rappresaglie, e quindi cercare di disinnescare la crisi in modo veloce. Affrontare la minaccia ora, eviterà agli Usa di confrontarsi con un pericolo di gran lunga maggiore nel futuro”.
In questo quadro, rimane qualche dubbio su cosa faccia l’Italia. Secondo notizie di agenzie, lo scorso 16 dicembre, un aereo militare italiano è atterrato a Beirut per portare “aiuti umanitari” ai rifugiati siriani del nord Libano. Secondo un’agenzia iraniana (cfr http://www.presstv.ir/detail/216946.html) gli iauti erano destinati agli insorti della Siria. Come mai per portare aiuti umanitari si usa un aereo militare?
Il 27 dicembre scorso il vice-presidente iraniano Mohammad Reza Rahimi ha minacciato che se vi saranno nuove sanzioni contro il suo Paese “nemmeno una goccia di petrolio passerà attraverso lo stretto di Ormuz”. Ieri, l’ammiraglio Habibollah Sayari (v. foto) ha dichiarato alla tivu iraniana che chiudere lo stretto di Ormuz sarebbe “facile come bere un bicchiere d’acqua”.
Lo stretto di Ormuz ha una forte importanza strategica per il commercio internazionale. Esso unisce il Golfo e i diversi Paesi del petrolio a tutto l’oceano indiano: attraverso le sue acque passa almeno il 40% delle petroliere nel mondo; circa 15 milioni di barili di greggio al giorno.
Per questo ieri sera il Pentagono ha subito risposto che esso “non tollererà” nessun blocco di Ormuz. Rebecca Rebarich, portavoce della Quinta flotta navale Usa, che mantiene una “robusta presenza” nel Golfo, ha dichiarato di essere capace di “salvaguardare i nessi vitali per la comunità internazionale”.
Bernard Valero, portavoce del ministero francese degli Esteri ha detto che lo stretto di Ormuz è un passaggio internazionale e perciò “tutte le navi, di qualunque bandiera, hanno il diritto di transito”.
Le minacce di Teheran sembrano essere una ripicca contro l’occidente che di recente ha imposto nuove sanzioni contro l’Iran, dopo che un rapporto Onu ha mostrato una escalation nel suo programma nucleare.
Da anni Stati Uniti e Ue accusano Teheran di voler usare il programma nucleare per scopi bellici. L’Iran rifiuta le accuse e afferma che i suoi programmi sono tutti pacifici.
Il mese prossimo la Ue valuterà un ulteriore rafforzamento delle sanzioni, fino a toccare le esportazioni di greggio e le operazioni finanziarie ad esso collegate, sulla scia di quanto gli Usa hanno già fatto. Sanzioni alle esportazioni di greggio – l’80% della sua economia - sarebbero un duro colpo alla già provata situazione economica dell’Iran.
Cina e Russia, grandi partner commerciali di Teheran, sono contrari all’innalzamento delle sanzioni. La possibilità dell’indurimento delle sanzioni va di pari passo con sempre maggiori minacce di un attacco aereo che dovrebbe andare a colpire gli impianti nucleari iraniani.
Secondo fonti della regione, nel loro incontro lo scorso 16 dicembre a Washington, il presidente Barack Obama e il ministro israeliano Ehud Barack hanno discusso di questa ipotesi.
Anche diversi senatori Usa (come Joseph Lieberman) chiedono che nel 2012 vi sia un attacco contro l’Iran. Intanto, la politica Usa (e della Nato) cerca di isolare la Siria, per diminuire l’impatto di possibili reazioni iraniane in Medio oriente.
Matthew Kroenig, esperto di problemi nucleari, su Foreign Affairs Magazine del 27 dicembre, scriveva: “Con la chiusura della guerra in Afghanistan e in Iraq, e con le difficoltà economiche in patria, gli americani non hanno un grande appetito per un ulteriore conflitto. Ma il rapido sviluppo nucleare iraniano alla fine costringerà gli Stati Uniti a scegliere fra un conflitto convenzionale e una possibile guerra nucleare. Di fronte a questa decisione, gli Usa dovrebbero condurre un attacco chirurgico sugli impianti nucleari iraniani, assorbire un inevitabile serie di rappresaglie, e quindi cercare di disinnescare la crisi in modo veloce. Affrontare la minaccia ora, eviterà agli Usa di confrontarsi con un pericolo di gran lunga maggiore nel futuro”.
In questo quadro, rimane qualche dubbio su cosa faccia l’Italia. Secondo notizie di agenzie, lo scorso 16 dicembre, un aereo militare italiano è atterrato a Beirut per portare “aiuti umanitari” ai rifugiati siriani del nord Libano. Secondo un’agenzia iraniana (cfr http://www.presstv.ir/detail/216946.html) gli iauti erano destinati agli insorti della Siria. Come mai per portare aiuti umanitari si usa un aereo militare?
Vedi anche