06/08/2011, 00.00
ASIA CENTRALE
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Cresce il rischio di una “guerra” per l’acqua

Il Kazakistan chiede al Kirghizistan più acqua; l’Uzbekistan cerca di impedire al Tagikistan di costruire una diga necessaria per l’energia idroelettrica. Nella regione le fonti d’acqua non bastano più: senza un accordo per lo sfruttamento, si profila uno scontro sempre più duro.
Bishkek (AsiaNews/Agenzie) – Il Kazakistan non è riuscito a raggiungere un accordo con il Kirghizistan per una maggior fornitura d’acqua, nell’incontro ufficiale tenuto nei giorni scorsi a Bishkek. La peggiore siccità da decenni mette a rischio i raccolti dei contadini di Uzbekistan e Kazakistan.

Avtandil Kalmamatov, viceministro kirghiso per l’Energia, ha spiegato che Astana chiede più acqua per le coltivazioni di cotone e grano del sud del Paese e che i colloqui riprenderanno molto presto. Bishkek può mandare più acqua dal bacino dei Toktogul.

Il problema è vecchio e irrisolto: nella secca Asia Centrale, Kirghizistan e Tagikistan sono ricchi di acqua ma poveri di energia e altre materie prime. Per questo chiedono a Uzbekistan, Kazakistan e Turkmenistan di scambiare l’acqua con altra ricchezza. Ma i Paesi a valle, soprattutto Tashkent, rispondono che l’acqua è un bene di tutti e si oppongono ai progetti degli altri 2 Stati di creare grandi bacini idroelettrici.

In un rapporto di luglio, il Programma Ambientale delle Nazioni Unite ha evidenziato che l’acqua non basta più. La temperatura media della regione è cresciuta di 2-3 gradi in 50 anni e sono diminuiti i ghiacciai locali che alimentano il fiume Amu Darya, il maggiore della regione con 2540 chilometri, essenziale per le coltivazioni e che segna il confine tra Tagikistan e Afghanistan prima di scorrere in Uzbekistan e Turkmenistan fino al Mare Aral.

L’Unione Sovietica aveva realizzato una rete di canali di irrigazione per favorire l’agricoltura. Dopo il crollo dell’Urss nel 1992 la popolazione si è circa raddoppiata ed è aumentata la domanda d’acqua: l’agricoltura occupa il 67% della forza lavoro in Tagikistan, il 45% in Uzbekistan e il 48% in Turkmenistan, l’80% dell’Afghanistan.

Il 18 luglio il ministro tagiko degli Esteri Hamrokhon Zarifi ha detto ai giornalisti che sull’uso del fiume ci sono “divergenze di opinioni” tra gli Stati dove scorre, tali da compromettere i rapporti generali. Dushanbe vuole completare la costruzione della diga idroelettrica Rogun, di ideazione sovietica, sul fiume Vaksh, grande affluente dell’Amu Darya.

Gli esperti dicono che sarebbe la maggiore diga del mondo. L’Uzbekistan ha grande timore che gli sia sottratta l’acqua e si è persino rivolto alla comunità internazionale per fermare il progetto, paventando gravi conseguenze ambientali. Il Tagikistan risponde che non ha altra via per assicurarsi l’energia necessaria (ogni inverno nel Paese l’energia elettrica è razionata) e accusa Tashkent di ostacolare alla frontiera, per ritorsione, la circolazione delle merci, fermando per tempi indefiniti interi treni. L’Uzbekistan ha anche diminuito le esportazioni del proprio gas in Tagikistan e ha in parte sospeso le forniture di elettricità provenienti dal Turkmenistan.

Il rapporto Onu rileva che il fiume non può soddisfare tutte queste esigenze contrastanti e avverte che il supersfruttamento ne sta compromettendo la portata. Per evitare un confronto sempre più duro è necessario un utilizzo concordato. Di recente il ministro tagiko degli Esteri Zarifi ha invitato di rimettere il problema al Commonwealth degli Stati Indipendenti, che riunisce diversi Paesi ex sovietici. Dushanbe ha desiderio di trovare un accordo, ma intanto procede per la sua strada.
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