Corea del Sud, prima in Asia per la piaga "incurabile" del suicidio
Seoul (AsiaNews) - Quella dei suicidi "è una delle piaghe peggiori che si possano immaginare. La vita è sacra in ogni sua forma e va rispettata, ma serve anche l'impegno del governo e della società civile per invertire la tendenza, che sembra incurabile". A parlare con AsiaNews è mons. Lazzaro You Heung-sik, vescovo di Daejeon, che commenta i dati relativi al suicidio in Corea del Sud.
Secondo i dati presentati oggi dal ministero della Salute e del Welfare sono 15.566 i coreani che si sono tolti la vita nel 2010. Il tasso di suicidi nella nazione - che conta circa 50 milioni di abitanti - è pari a 33,5 ogni 100mila persone: il dato più alto fra gli Stati membri dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), ma anche uno dei più alti al mondo. Soltanto Russia e Lituania (secondo i dati 2009) hanno più suicidi, mentre dopo la Corea viene il Giappone con 21,2 suicidi ogni 100mila persone.
Ogni giorno quasi 43 sudcoreani si tolgono la vita. Di questi la maggior parte è di sesso maschile, anche se in termini assoluti e mondiali la Corea del Sud ha il triste primato di nazione con il maggior numero di donne che si tolgono la vita. Impressiona anche il fatto che il suicidio sia la maggiore causa di morte fra i giovani nella fascia fra i 10 e i 30 anni.
Secondo una ricerca del governo, fra le maggiori cause di suicidio c'è lo stress scolastico e poi lavorativo che domina la società coreana. Come nelle altre nazioni asiatiche dall'impronta confuciana, infatti, ogni piccolo fallimento viene visto come una tragedia. Questo vale anche per gli studenti delle scuole elementari e liceali che, se non raggiungono gli altissimi standard imposti dal settore, non possono sperare di accedere a un'istruzione di qualità e quindi a un lavoro dignitoso.
Ma fra le cause vi è anche l'impossibilità di formare una famiglia per motivi economici; l'emarginazione sociale che nasce dall'ossessione per il lavoro; i dissidi di piccolo calibro, come quelli con i vicini e persino la tristezza per aver avuto un suicidio in famiglia.
Nei giorni scorsi ha fatto molto scalpore il suicidio di Cho Sung-min, stella del baseball in forze allo Yomiuri, che si è impiccato in casa della fidanzata. L'uomo era stato sposato con la cantante e attrice Choi Jin-sil, che nel 2008 si è tolta la vita dopo il divorzio; due anni dopo il fratello di lei - anche lui cantante e attore - si è ucciso per la tristezza provocata dalla morte della sorella.
Il governo ha cercato di contrastare il trend, ma con scarsi risultati. Secondo Park Yon-hee, sociologo intervistato dal Korea Herald, "il programma quinquennale lanciato nel 2004 puntava a diminuire di un quinto i suicidi, ma questi sono aumentati da 23,7 a 31 ogni 100mila persone. Il problema è che abbiamo puntato tutto sull'aiuto psichiatrico al singolo, invece di affrontare i macro-problemi".
Il dato, terrificante di per sé, è peggiorato dal fatto che la Corea del Sud ha il più basso tasso di natalità al mondo e, di conseguenza, il più alto tasso di invecchiamento della popolazione. Secondo un editoriale del Chosun Ilbo "questi numeri non sono soltanto un'emergenza, ma sono un'ombra scura e sempre più lunga sul futuro del nostro Paese".