Corea del Nord, 800mila morti per la carestia
Nel regime socialista di Kim Jong-il, uno dei Paesi più chiusi del mondo, la gente muore di fame a causa delle inondazioni dello scorso anno e delle ruberie del governo, che sequestra il cibo alla popolazione con ogni scusa possibile. Condannati a morte gli operai delle industrie belliche, costretti a lavorare senza cibo e senza possibilità di uscire dalle loro fabbriche.
Dandong (AsiaNews) – Persone che muoiono mentre sono la lavoro in fabbrica, stremati dalla fame; poliziotti che rubano cibo alla gente; inedia dovuta a digiuni prolungati: mentre i leader mondiali discutono al vertice Fao del problema alimentare, la popolazione della Corea del Nord rischia una decimazione senza precedenti.L’annuale carestia, unita alle disastrose alluvioni dello scorso anno, ha reso irreperibile ogni genere alimentare nel regime guidato da Kim Jong-il. Secondo Organizzazioni non governative sudcoreane, le uniche che ancora portano beni di prima necessità sul territorio del Nord, sono già oltre 800mila le vittime della fame.
Particolarmente dura la situazione dei lavoratori dell’industria bellica, vincolati dal segreto militare a non abbandonare mai la propria postazione di lavoro. Il governo ha assegnato ad ogni fabbrica un quantitativo di cibo talmente insufficiente che, da aprile ad oggi, circa tre operai per fabbrica muoiono ogni giorno. Una fonte, anonima per motivi di sicurezza, racconta: “Dalle parti del distretto di Kandong-gun, periferia di Pyongyang, non rimane più nessuno: la gente muore di fame dopo sette giorni di digiuno assoluto”.
Nelle fabbriche militari, spiega, “la situazione è drammatica. I cittadini ordinari, colpiti duramente dalla mancanza di cibo, possono comunque cercare di ottenere qualcosa da mangiare nei jangmadang [i mercatini illegali retti da contadini, che usano il baratto per cercare di sopravvivere ndr]. Per i militari non di servizio, quelli che lavorano nelle caserme o nelle industrie belliche, è stata invece firmata la condanna a morte. Sono costretti a lavorare, non possono uscire dalle fabbriche, ma non hanno cibo”.
Nella zona della capitale vi sono diverse decine di queste industrie, dove lavorano circa 10mila persone. Eppure, racconta ancora la fonte, “non si vedono più fumi industriali o operazioni di carico e scarico merci. Quando siamo riusciti ad entrare in una delle baraccopoli che ospita gli operai, ne abbiamo trovati almeno 200 totalmente intontiti dalla fame: non rispondevano neanche al loro nome”.
Un’altra fonte, uno degli operai militari della provincia di Yangkang aggiunge: “Qui siamo sul confine, e per noi è forse più facile sopravvivere grazie alla generosità degli stranieri. Tuttavia, so per certo che moltissimi miei connazionali dell’interno sto morendo: molte famiglie non riescono più a contattare i figli partiti per la capitale, ed i leader comunisti locali non rispondono alle loro domande”.
D’altra parte, è “pericolosissimo” chiedere qualcosa al governo: la carestia ha colpito con forza, ed i quadri comunisti locali non si fanno scrupoli nel requisire e comminare multe per ogni cosa: “Dopo che la distribuzione di cibo da parte del governo centrale è stata fermata – dice un rifugiato nordcoreano, riuscito a scappare in Cina e nascosto dalle parti di Dandong – moltissimi ufficiali di basso e medio livello sono divenuti dei banditi”.
La tecnica, racconta, “è molto semplice: insieme a diversi agenti di polizia, fanno delle ispezioni a sorpresa in qualunque posto venga loro in mente. Cercano di trovare abitanti colpevoli, di qualunque cosa, per sequestrare loro cibo e sigarette. In questo modo, però, condannano la popolazione alla morte, e lo sanno. Per questo, non organizzano più riunioni pubbliche o sessioni di indottrinamento politico: temono che gli abitanti, riuniti ed inferociti, possano usare la violenza per vendicarsi”.
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