Copti e musulmani al governo egiziano: “ridateci la nostra chiesa”
P. Rafic Greiche, capo ufficio stampa della Chiesa cattolica egiziana e portavoce delle sette denominazioni cattoliche, sottolinea ad AsiaNews che “per la prima volta i cristiani copti si sono riuniti in un luogo diverso dalla cattedrale di San Marco, per dimostrare la loro forza e il loro desiderio di essere presenti nella società e cambiare la costituzione”. Le sedi televisive, distano pochi metri da piazza Tahrir, luogo simbolo delle proteste che hanno fatto crollare il regime di Mubarak. P. Greiche individua in questa scelta una maggiore consapevolezza da parte dei cristiani. “Con questa manifestazione – afferma - hanno voluto dimostrare di saper sfruttare la piazza e trovare appoggio anche nella comunità musulmani, tanto da portare il Primo ministro Essam Sharaf a incontrare in veste ufficiale una delegazione di 1000 copti e promettere la ricostruzione immediata della chiesa”.
“Nelle immagini girate dai media – aggiunge il sacerdote - compaiono volti di donne islamiche con l’hijab che insieme a ragazze cristiane chiedono a governo ed esercito di ricostruire la chiesa”. Secondo il sacerdote, la presenza dei musulmani a fianco ai cristiani è un segno dei valori di uguaglianza tra le fedi emersi durante le rivoluzione dei Gelsomini, che ha raccolto sotto la stessa bandiera centinaia di migliaia di giovani di entrambe le religioni. “Durante le rivolte – sottolinea – cristiani e musulmani hanno dimostrato di essere veramente un cuore solo per il loro Paese”.
Tuttavia, p. Greiche fa notare che il pericolo del fondamentalismo islamico è alto nel Paese e frange estremiste organizzate, tra cui i Fratelli musulmani, stanno approfittando del clima di caos istituzionale per imporre l’islam radicale e la sharia all’interno della società egiziana. “Molti iman musulmani – afferma - si oppongono al cambiamento dell’art. 2 della costituzione, dove si afferma che la sharia è fonte di ispirazione per il diritto egiziano. Fin dall’inizio delle manifestazioni essi hanno sottolineato che erano disposti cambiare solo gli articoli riguardanti il governo e il parlamento, ma non quelli relativi alla sharia”. Il sacerdote sottolinea che questi leader religiosi appartengono spesso a gruppi fondamentalisti islamici e hanno raccolto fra i loro seguaci gran parte dei musulmani radicali fuggiti dalle prigioni politiche di Mubarak.
“L’incendio della chiesa copta di Soul – afferma il sacerdote – è avvenuto in una zona rurale distante pochi chilometri dalla capitale e il fatto è stato scatenato da una diatriba d’onore fra una famiglia musulmana e una cristiana”. P. Greiche fa notare che gli islamici del villaggio hanno utilizzato come pretesto il diritto di vendetta radicato nella società musulmana per radere al suolo la chiesa e cacciare oltre 7mila cristiani dalle loro abitazioni. “Anche se l’esercito ha promesso di ricostruire la chiesa nel luogo di origine – continua – alcuni musulmani non vogliono l’edificio nel villaggio e stanno spingendo per spostate la costruzione. Ciò mostrerebbe che la vera ragione dell’attacco è la presenza della chiesa nel villaggio e che la diatriba fra cristiani e musulmani può essere risolta solo spostando la chiesa in un'altra zona”.
Secondo p. Greiche è l’ugualianza tra cristiani e musulmani emersa nella rivoluzione dei Gelsomini l’unico valore che in una situazione di instabilità può impedire agli estremisti di imporre la sharia come fonte del diritto. “I governi occidentali – afferma - possono fare pressioni sul nostro governo egiziano affinché riconosca i segni di questa uguaglianza nella società”. “La rivoluzione – aggiunge - è stata fatta da musulmani e cristiani insieme. Vi sono stati martiri da entrambe le parti e l’Occidente deve far capire al futuro governo che per creare un nuovo Paese è sufficiente una piccola modifica dell’art. 2 della costituzione”. (S.C.)