Contadini birmani, in bilico fra arretratezza e tentativi di modernizzazione
di Yaung Ni Oo
Il Myanmar è ancorato alla tradizione agricola, ma il settore manca di risorse e investimenti. Il governo impone tipologie di coltivazioni in determinate aree, bloccando lo sviluppo. Le ong devono fornire personale qualificato, per non aggravare la crisi. Dal nuovo governo la popolazione non si aspetta “democrazia”, ma salari più elevati.
Yangon (AsiaNews) – Il Myanmar è un Paese ancorato a una solida tradizione agricola, ma scarseggiano strumenti e tecnologie per promuovere il settore. Ancora oggi i contadini non conoscono le moderne attrezzature, come potenziare lo sfruttamento dei terreni, né sanno di concimi e fertilizzanti che contribuiscono alla maturazione dei prodotti. La popolazione contadina, in realtà, è schiava dei commercianti e dei loro slogan, della propaganda e delle omissioni, che alterano il quadro reale del settore.
Un contadino, in condizioni di anonimato, racconta che la famiglia potrà sfamarsi se “il ricavato della raccolta sarà sufficiente a pagare i debiti” contratti quest’anno per la semina. “Il lavoro e la stanchezza non contano – continua – l’unico problema è restituire i soldi, onorare i debiti, senza rimanere a mani vuote. Altrimenti sarò costretto a vendere il mio pezzo di terra” e perdere tutto l’investimento iniziale. Nei rari casi in cui gli agricoltori sono affiancati da tecnici e agronomi, i risultati sono scarsi perché non viene garantito il sostegno quotidiano nel lavoro, una consulenza nel lungo periodo e il denaro per progetti a lunga scadenza. Ancora oggi in Myanmar la vita di un lavoratore della terra dipende molto dal bel tempo; il clima è la discriminante che regola la qualità di un raccolto. A questo si aggiungono i problemi causati dalla burocrazia governativa, che impone di coltivare alcune tipologie di prodotti in determinate aree del Paese; e il contadino deve obbedire, pena ritorsioni delle autorità.
In un quadro generale di arretratezza, diventa importante il lavoro svolto dalle organizzazioni non governative: se le ong garantiscono la presenza sul campo di personale qualificato, che conosce la zona in cui opera e mette a disposizione il bagaglio tecnico, allora può contribuire a migliorare quantità e qualità dei raccolti. In caso contrario, invece, se i tecnici sono privi di esperienza e caratura morale, la situazione peggiora ulteriormente.
Tuttavia, emergono anche aspetti positivi: fra questi la maggiore vicinanza e collaborazione fra i funzionari locali e la classe contadina. Il discorso non vale per i ministri di alto livello, i vertici della giunta militare, ma la base è più sensibile alle problematiche della gente. “La popolazione – racconta una fonte – non si sente più sola come prima, abbandonata a se stessa. Questo primo cambiamento, potrebbe dare i suoi frutti in futuro”.
Il popolo birmano auspica un “rinnovamento” nel passaggio da una leadership militare a un governo civile, anche se in maggioranza costituito da ex ufficiali e vertici delle forze armate birmane. Certo non si può parlare di “democrazia”, ma la speranza è che il passaggio di consegne possa generare maggiore benessere, stipendi più elevati, acqua e luce per tutte le famiglie, almeno nelle città. Al prezzo attuale, nemmeno un insegnate di scuola elementare può concedersi il “lusso” di avere una fornitura costante di energia elettrica nella propria abitazione. Intanto continuano a crescere i prezzi di benzina e generi alimentari di base. Di invariato, resta lo stipendio della gran parte dei birmani.
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