Condanne e silenzi: la “rivoluzione dei gelsomini” vista da Teheran
L’appoggio alle rivolte in Nordafrica e in Medio oriente risponde a esigenze di politica interna e regionale. All’inizio erano state tutte esaltate come un “risveglio dell’islam”. Furia contro il re saudita per le sue interferenze in Bahrain; silenzio sulla Siria; confusione per la Libia. Ma vi sono accuse di interferenze iraniane nel creare “sedizioni” in Kuwait.. Violenze al funerale del papà di Mousavi.
Teheran (AsiaNews) – Condanna mortale contro l’Arabia saudita sul Bahrain; silenzio totale sulla Siria; equilibrismo sulla Libia. Dopo un’iniziale esaltazione sulle trasformazioni in atto nel Medio oriente, governo e politici iraniani rimangono cauti sulle sorti delle “rivoluzioni dei gelsomini”. E piuttosto che cavalcare il populismo islamico, essi preferiscono la strada della tradizione. Ma intanto in casa soffocano ogni dissenso.
Il grande ayatollah Lotfollah Safi Golpayegani ha inviato oggi una lettera al re saudita Abdallah denunciando l’ intervento delle sue truppe contro le rivolte in Bahrain. Egli esige dal re anzitutto il ritiro degli armati sauditi, che nei giorni scorsi hanno soffocato con la violenza le rivolte della popolazione sciita. L’ayatollah vuole anche che Abdallah si scusi verso il popolo del Bahrain, altrimenti egli verrà subito punito da Allah.
Anche 200 parlamentari della Majlis di Teheran hanno condannato ieri l’Arabia saudita che si mescola negli affari del Bahrain, sollecitando il re saudita di convogliare le sue forze armate nella lotta contro Israele.
Quest’oggi sciiti del Bahrain hanno inviato una lettera al supremo leader, ayatollah Ali Khamenei, chiedendo il suo sostegno e la sua benedizione. “Siamo nel dolore – afferma la lettera – e non abbiamo altro aiuto che la resistenza e la nostra prontezza al martirio”.
Lo scandalo iraniano verso la repressione in Bahrain si spiega col fatto che la maggioranza dei manifestanti nel piccolo regno del Golfo sono correligionari di Teheran.
Il punto è che all’inizio delle manifestazioni, le rivolte dei gelsomini erano viste come una “risveglio dell’islam”, ora che esse toccano interessi iraniani, l’islam non è più considerato e si guarda solo alle proprie alleanze strategiche.
Così, le rivolte in Siria – sostenute soprattutto dalla maggioranza sunnita – non trovano alcun spazio nei media iraniani, controllati dal regime. Una delle poche informazioni sulle manifestazioni di Damasco e Deraa è che esse sono “provocate da forze straniere”, proprio come ha dichiarato Bachar el Assad. Anzi un sito web più molto agguerrito invoca il governo di inviare in Siria e in Bahrain truppe armate “Hezbollah, iraniani, o altro”. In effetti, l’opposizione in Siria dichiara che elementi dei pasdaran, i guardiani della rivoluzione, sono arrivati in Siria per sopprimere le proteste.
Nei giorni scorsi, il Kuwait ha scoperto e denunciato una rete spionistica iraniana e insieme ai Paesi (arabi) del Golfo ha condannato il tentativo di Teheran di minare “sicurezza e stabilità” del Paese, fomentando “sedizioni settarie”.
La posizione dell’Iran sulla rivoluzione in Libia è un po’ più contorta: da una parte essi appoggiano i ribelli; dall’altra essi condannano l’intervento della Nato. Il fatto curioso è che Gheddafi è stato in passato uno dei migliori amici di Teheran. Ma le ultime rivelazioni che i libici sarebbero responsabili della morte di Moussa Sadr, il religioso sciita libanese, scomparso nel ’78, hanno portato l’Iran a distanziarsi dal dittatore di Tripoli. E la condanna alla Nato è un tentativo di fermare un precedente: Teheran si è sempre opposto agli interventi stranieri nei Paesi del Medio oriente.
Intanto all’interno, continua la repressione degli oppositori al regime degli ayatollah. Oltre a diversi arresti di attivisti e personalità liberali, nei giorni scorsi, vi sono stati assalti perfino al funerale del papà di Mir Hossein Moussavi, dove sono state arrestate 20 persone. Moussavi non ha avuto il permesso di partecipare ai funerali.
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