Con l'aiuto della Coalizione, cristiani e musulmani, costruiamo un Iraq laico
Intervista a mons. Rabban Al-Qas, vescovo caldeo di Amadiyah
Roma (AsiaNews) - " L'Iraq aveva bisogno di un aiuto dall'esterno per rinascere" dice mons. Rabban Al-Qas, vescovo iracheno dei caldei. Amadiyah, la diocesi di mons. Rabban, si trova nell'Iraq settentrionale, vicino al confine con la Turchia, nel Kurdistan iracheno. Durante la dittatura di Saddam questa zona è stata oggetto di raid militari, di espropri di terre, di sfollamenti forzati della popolazione cristiana e sunnita. Giunto a Roma insieme ad altri 21 confratelli in Vaticano per eleggere il futuro patriarca di Babilonia, ha accettato un'intervista con AsiaNews. Dalle sue parole emerge un'immagine dell'Iraq alquanto diversa dalla solita. "Almeno l'80% della popolazione irachena dice il vescovo - guarda alle truppe della coalizione come a liberatori". E ancora: "La vita è migliorata rispetto a prima Ora vi sono gruppi, dimostrazioni, democrazia". Mons. Rabban Al-Qas spera che la coalizione aiuti l'Iraq a costruire una democrazia laica, unica possibilità di libertà per i cristiani e i musulmani.
Ottimista e dinamico, 54 anni, mons. Rabban, è soprannominato dai curdi sunniti " il vescovo del Kurdistan , non solo dei caldei cristiani, ma anche di noi curdi". Il vescovo mette da parte le distinzioni etniche: "Sono anzitutto un pastore al servizio di tutti, ed il mio scopo è testimoniare l'amore di Dio per tutte le sue creature, siano esse curde, turkmene, armene, caldei, ebrei o sciiti". Questa sua testimonianza di amore, e la generosità delle chiese tedesche, lo ha spinto a far costruire molti villaggi e scuole nel Kurdistan popolato indistintamente da curdi e cristiani. "Anzi, forse più da curdi che da cristiani". Per mons. Rabban rimane importante la libertà di religione: "Attraverso le nostre opere ed il nostro esempio noi vogliamo solo testimoniare l'amore di Dio per tutti gli esseri Lui creati, musulmani compresi".
Ecco il testo completo dell'intervista.
Quanti fedeli ha nella sua diocesi di Amadiyah?
Circa 500 famiglie. Dagli anni '60 in poi, da quando il vecchio regime ha dato inizio a una guerra contro i curdi, molti villaggi si sono svuotati. Caldei e curdi sono emigrati a Baghdad o a Mossul. Nel 1978 il governo di Saddam Hussein ha fatto evacuare gli abitanti dei villaggi a ridosso del confine con la Turchia. I deportati sono stati inseriti nei cosiddetti "villaggi collettivi" del governo.
Ora che il vecchio regime è debellato, esiste un ritorno? C'è qualcuno che chiede il recupero delle terre abbandonate con la forza?
Si, ma è un processo lento. Vi sono ancora problemi legati alla sicurezza generale, soprattutto lungo i confini. L'Iraq non ha ancora recuperato tranquillità e stabilità. Poi è necessario ricostruire case nuove nei villaggi che all'epoca sono stati rasi al suolo.
Quali passi avete intrapreso per risolvere il problema?
Abbiamo trattato l'argomento con i leader curdi, ci hanno fatto delle promesse. Abbiamo un'ottima intesa con i curdi e non vi sono discriminazioni di qualunque genere. Siamo davvero in buoni rapporti.
Come sono le condizioni di vita in Iraq oggi? Vi è corrente elettrica, acqua ?
La situazione è migliore ora, rispetto agli ultimi anni del vecchio regime. Ora abbiamo la corrente elettrica ventiquattro ore al giorno; i generi alimentari si trovano più facilmente; la gente riprende a lavorare i campi; gli ospedali funzionano; vi sono cliniche private, e ci sono anche i medicinali . Posso dire che la vita ora è migliore di prima. Questo non significa che non esistono delle difficoltà.
Quali?
La difficoltà primaria è che la politica non è al cento per cento nelle mani degli iracheni. Noi vogliamo avere una nuova vita in Iraq, una nuova atmosfera politica, senza dittatura, né tirannia. Purtroppo vi sono tracce di fanatismo seminati in passato. Esistono persone infiltrate nel tessuto iracheno, che fanno gli interessi di altri paesi. Il male che si compie oggi in Iraq, non solo opera di iracheni, ma è fatto soprattutto da forze provenienti dall'estero.
Come vivono i cristiani oggi nel nuovo Iraq?
Ho appena parlato con il vescovo caldeo di Bassorah. Lì ci sono stati dei problemi: alcuni negozianti che vendevano delle bevande alcoliche sono stai uccisi e i loro negozi bruciati.
In quella zona a maggioranza sciita, la mentalità iraniana [fondamentalista] è molto influente. Incidenti simili sono accaduti anche a Baghdad e a Mossul. Venti giorni fa, un giudice cristiano di Al-Qosh, nei pressi di Mossul, è stato assassinato sull'uscio di casa .
Da parte di chi?
Persone ignote, naturalmente. Forse fedelissimi di Saddam o altri ancora, chi lo sa?
Per quale motivo?
Perché aveva accettato un incarico pubblico. Lo stesso giorno sono stati uccisi tre persone in tre posti diversi, per lo stesso motivo.
Esiste in Iraq un movimento islamico integralista anti-cristiano?
Sì, ma non è solo i cristiani, sebbene i cristiani siano le vittime più facili. Due mesi fa a Mossul, sono stati lanciati missili contro la casa delle suore domenicane. Vi sono state minacce di morte contro cristiani; molti fedeli sono fuggiti da Bassorah. Il movimento integralista musulmano in Iraq oggi è più libero. In passato, all'epoca di Saddam, agivano di nascosto: inviavano lettere anonime piene di minacce nelle quale ci invitavano, perfino a noi prelati e sacerdoti, a convertirci all'Islam. Ora questi fanatici risorgono con maggiore libertà. Va detto che anche sotto Saddam vi era una persecuzione velata: era vietato dare nomi non arabi ai nostri figli; i figli dei matrimoni misti erano registrati come musulmani Questa legge esiste ancora.
Al momento attuale si parla molto in Iraq della futura legislazione. Pochi giorni fa l'ayatollah Al-Sistani, ha insistito perché nella nuova costituzione e nel nuovo codice siano menzionati l'Islam e la Sharia'a [legge coranica]. Riuscirete a costruire un Iraq laico, aperto a tutte le minoranze?
É molto difficile senza un appoggio del mondo esterno. Spero che le Nazioni Unite, gli Stati Uniti e chiunque altro assieme a loro, vigilino sulla stesura della nuova costituzione, per far nascere uno stato civile laico, non di stampo religioso. La trasformazione del paese in uno stato islamico, avverrebbe a scapito delle comunità cristiane. Non vogliamo rientrare in un tunnel, dopo esserne usciti da un altro. Noi chiediamo ed è tutto quel che possiamo fare. Se non ci ascoltano, perderemo moltissimo.
Vi sono membri cristiani nel Consiglio Governativo Provvisorio iracheno?
Ce ne sono due: Yonada Kanna, un ex-ministro che ora rappresenta il movimento cristiano nel Governo Provvisorio a Baghdad; e Bahnan Al Basi, che è cognato di un nostro vescovo. Nel Kurdistan iracheno, è cristiano il Ministro delle Finanze e si chiama Sarkis Aghagian .
La presenza delle truppe di coalizione ha qualche frutto positivo?
Rispetto ai mesi trascorsi, ora siamo più tranquilli. Ogni giorno notiamo cambiamenti e vi è una miglioria in corso. Questo non va dimenticato. Un certo tipo di stampa ingigantisce quel che di negativo accade oggi in Iraq. L'integralismo, va detto e ripetuto, è legato a poteri stranieri ed è un fenomeno mondiale. Fra i bersagli non vi sono solo i soldati stranieri, ma anche molte vittime civili di cui non si parla quasi mai. Vi sono persone bollate come "collaborazionisti", che a volte sono dei semplici interpreti. Secondo i fondamentalisti non bisogna lavorare con gli stranieri.
Dietro queste violenze si nascondono anche i fedeli di Saddam, coloro che lavoravano nella vecchia Amministrazione e che ora hanno perso tutto, degli ex-parassiti che ora cercano vendetta.
La popolazione irachena come vede la presenza delle truppe alleate?
Almeno l'80% della popolazione guarda alle truppe della coalizione come a dei liberatori. Il 60% della popolazione è composta da sciiti: senza gli americani gli sciiti non avrebbero avuto nessuna voce. Pensate anche ai curdi, che sono 4 milioni. Pensate a noi cristiani: ora esiste un Movimento Assiro-cristiano. All'epoca di Saddam era tutto vietato. I membri di associazioni culturali assiro-caldee erano clandestini, considerati dei sovversivi, arrestati ed uccisi. Ora siamo liberi. Esiste la libertà d'espressione; vi sono centinaia di organi di stampa nuovi, libri che vengono pubblicati, gente che dice a voce alta di volere la democrazia. Senza la coalizione non ci potrà essere una democrazia. Se le truppe alleate lasciano ora l'Iraq, ci sarà il caos , il disordine. Chi verrà a salvarci una seconda volta? Prima dovevamo tenere la bocca chiusa, soprattutto noi cristiani, ora parliamo liberamente. L'Iraq aveva bisogno di un aiuto dall'esterno.
Lei ha parlato di varie etnie e confessioni. Questo mosaico iracheno potrà rimanere unito in un solo paese?
Subito dopo la caduta di Saddam, molti pensavano che il paese sarebbe caduto in preda alla guerra civile. Non è stato cosi. Il popolo iracheno è un popolo colto, istruito e molto intelligente. Aspiriamo alla libertà ed alla democrazia. Se ci viene data la possibilità e un aiuto, ne saremo capaci.
Da anni non vi sono censimenti della popolazione in Iraq. Su quale base possono avvenire le elezioni? L'ayatollah Al-Sistani, vuole basarli sui tesserini per le razioni alimentari rilasciati da Saddam durante l'ultima guerra. Qual è il suo parere?
Credo che presto ci sarà un censimento serio della popolazione. Sono convinto che la coalizione ci tenga a rendere l'Iraq una democrazia che sia esempio a tutti i paesi limitrofi. Gli iracheni aspirano alla democrazia. E tutto il mondo vuole un Iraq democratico. Nessuno in Iraq vuole una paese gestito dai mullah [capi religiosi]: non lo vogliono gli sciiti, i sanniti, né tanto meno i curdi o i cristiani. Non badate a quel che vedete in TV. Ora, in carenza di rappresentanti politici o di una struttura governativa, è normale che siano i religiosi , cristiani o mussulmani, a farsi portavoce dei desideri del popolo. L'Iraq è come un neonato, un neonato che ha bisogno di una madre per nutrirsi e di un tutore per crescere. É normale che uno sciita voti per uno della sua confessione, e un cristiano per un cristiano. Ma vogliamo arrivare al punto di votare per un politico valido, indipendentemente dalla sua confessione o etnia. La vera democrazia è quando un cristiano vota per un sunnita curdo, perché convinto che questo possa rappresentarlo meglio del candidato cristiano in lista, e vice-versa.
Qual è il ruolo che prevedete per la minoranza cristiana irachena?
La nostra missione è sempre testimoniare l'insegnamento ricevuto dal Signore Gesù Cristo. Gridare ad alta voce contro le ingiustizie, denunciarle, difendere e proteggere i deboli, valorizzare e far rispettare i diritti umani per tutti, non solo per i cristiani. Dobbiamo essere come S. Giovanni Battista, una voce che grida nel deserto, senza timore, diventando la coscienza di chi vuole zittire le coscienze. Attraverso le nostre opere ed il nostro esempio noi vogliamo solo testimoniare l'amore di Dio per tutti gli esseri Lui creati, musulmani compresi.
15/12/2004