Con i giacimenti artici Mosca potrebbe raddoppiare le sue riserve energetiche
La Federazione pronta a rivendicare nuovi diritti territoriali per accaparrarsi l’immenso bottino di gas e petrolio sotto i ghiacci. Ma per sfruttarlo adeguatamente servono tecnologia e investimenti adeguati.
Mosca (AsiaNews/Agenzie) – Potrebbe essere solo questioni di pochi anni e la Russia arriverebbe a contendere all’Arabia Saudita il titolo di maggiore produrre di idrocarburi al mondo. A condizione che riesca ad accaparrarsi e sfruttare i vasti giacimenti scoperti in Artico, grazie ai quali raddoppierebbe le riserve energetiche nazionali. Le aspirazioni dll’Orso russo sono dichiarate espressamente dallo stesso governo, che dovrà vedersela con altri agguerriti rivali internazionali.
Parlando all’ultimo congresso del partito di maggioranza Russia unita a fine settembre, il ministro delle Risorse naturali, Yuri Trutnev, ha detto che le previsioni preliminari parlano di riserve paragonabili a quelle sulla terraferma.
Le parole di Trutnev trovano conferma negli studi della United States Geological Survey, secondo cui nel bacino che va dalla Siberia al Canada ci sono 90 miliardi di barili di petrolio, 47mila miliardi di metri cubi di gas e grandi giacimenti di gas liquefatto, quasi tutti (all'84%) custoditi sotto al mare. Una specie di Eldorado energetico, che potrebbe aprirsi al mondo grazie allo scioglimento dei ghiacci e allo sviluppo di nove tecnologie. Ufficialmente, Shell, ExxonMobil, ConocoPhillips e la russa Rosneft sono interessate all'esplorazione.
La Federazione da tempo lotta per accaparrarsi l’immenso bottino. In base alla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, Mosca chiederà nel 2013 l’estensione dei propri confini per rivendicare una significativa area del Polo. La Danimarca, che ha la sovranità sulla Groenlandia, farà altrettanto. Canada e Stati Uniti non stanno a guardare. Anche la Cina sta conducendo studi ed esplorazioni. “È stato svolto un lavoro importante quest’anno, i nostri vascelli hanno coperto una distanza di 22mila chilometri e condotto attività per giustificare nuove pretese della Russia nel 2013”.
Secondo quanto riferito dal premier Vladimir Putin al secondo forum internazionale sull’Artico, il 22 settembre a Arkhangelsk, la Russia ha “già installato una delle più grandi piattaforme di idrocarburi in Artico e aprirà un nuovo capitolo nella storia dell’esplorazione” di questa zona. Molto presto “queste pagine conterranno l’inaugurazione del giacimento Shtokman nel mare di Barents e lo sviluppo delle risorse nel mare di Kara e sulla penisola di Yamal”, ha spiegato il primo ministro.
Mosca ostenta sicurezza, ma gli esperti avvertono che ottenere diritti territoriali senza adeguata tecnologia, ingenti investimenti e know-how servirà a ben poco. Per ora si punta tutto sulla collaborazione strategica stabilita tra il colosso statale Rosneft e la ExxonMobil, mentre il Cremlino è certo dell’arrivo di altre grandi major pronte a sfidare la macchinosa burocrazia e la volubilità dei partner russi pur di entrare nel ricco business.
La corsa all’Artico è vista con allarme dagli ambientalisti che mettono in guardia dai rischi delle trivellazioni in un’area così delicata per gli equilibri degli ecosistemi del Pianeta. Putin ha assicurato che tutto avverrà nel completo “rispetto dei più rigidi standard ambientali”. (N.A.)
Parlando all’ultimo congresso del partito di maggioranza Russia unita a fine settembre, il ministro delle Risorse naturali, Yuri Trutnev, ha detto che le previsioni preliminari parlano di riserve paragonabili a quelle sulla terraferma.
Le parole di Trutnev trovano conferma negli studi della United States Geological Survey, secondo cui nel bacino che va dalla Siberia al Canada ci sono 90 miliardi di barili di petrolio, 47mila miliardi di metri cubi di gas e grandi giacimenti di gas liquefatto, quasi tutti (all'84%) custoditi sotto al mare. Una specie di Eldorado energetico, che potrebbe aprirsi al mondo grazie allo scioglimento dei ghiacci e allo sviluppo di nove tecnologie. Ufficialmente, Shell, ExxonMobil, ConocoPhillips e la russa Rosneft sono interessate all'esplorazione.
La Federazione da tempo lotta per accaparrarsi l’immenso bottino. In base alla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, Mosca chiederà nel 2013 l’estensione dei propri confini per rivendicare una significativa area del Polo. La Danimarca, che ha la sovranità sulla Groenlandia, farà altrettanto. Canada e Stati Uniti non stanno a guardare. Anche la Cina sta conducendo studi ed esplorazioni. “È stato svolto un lavoro importante quest’anno, i nostri vascelli hanno coperto una distanza di 22mila chilometri e condotto attività per giustificare nuove pretese della Russia nel 2013”.
Secondo quanto riferito dal premier Vladimir Putin al secondo forum internazionale sull’Artico, il 22 settembre a Arkhangelsk, la Russia ha “già installato una delle più grandi piattaforme di idrocarburi in Artico e aprirà un nuovo capitolo nella storia dell’esplorazione” di questa zona. Molto presto “queste pagine conterranno l’inaugurazione del giacimento Shtokman nel mare di Barents e lo sviluppo delle risorse nel mare di Kara e sulla penisola di Yamal”, ha spiegato il primo ministro.
Mosca ostenta sicurezza, ma gli esperti avvertono che ottenere diritti territoriali senza adeguata tecnologia, ingenti investimenti e know-how servirà a ben poco. Per ora si punta tutto sulla collaborazione strategica stabilita tra il colosso statale Rosneft e la ExxonMobil, mentre il Cremlino è certo dell’arrivo di altre grandi major pronte a sfidare la macchinosa burocrazia e la volubilità dei partner russi pur di entrare nel ricco business.
La corsa all’Artico è vista con allarme dagli ambientalisti che mettono in guardia dai rischi delle trivellazioni in un’area così delicata per gli equilibri degli ecosistemi del Pianeta. Putin ha assicurato che tutto avverrà nel completo “rispetto dei più rigidi standard ambientali”. (N.A.)
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