Comitato centrale del Partito: ancora riforme economiche; dubbi sulle riforme politiche
di Bernardo Cervellera
A tema vi è il piano quinquennale 2011-2015 che dovrebbe varare un nuovo modello di sviluppo basato su una “crescita inclusiva”. La disuguaglianza fra ricchi e poveri e “l’odio per i ricchi” sono il più grave problema sociale. I guadagni da corruzione sono il 30% del Pil. Wen Jiabao parla di riforme politiche, ma c’è molta resistenza. Forse vi sarà la promozione di Xi Jinping.
Roma (AsiaNews) – Sì è aperto oggi in un grande albergo della capitale il Comitato centrale del Partito comunista cinese. Ufficialmente esso dovrebbe stilare il prossimo piano quinquennale (2011-2015), ma molti si attendono maggiori chiarimenti sul futuro della leadership e qualche dibattito sulle riforme politiche.
Gli oltre 300 membri (204 membri permanenti; 167 alternati) si raduneranno fino al 18 ottobre, alla presenza del presidente Hu Jintao e del premier Wen Jiabao.
Dal punto di vista economico, sul prossimo piano quinquennale (il 12mo) non ci sono molte novità. Una bozza già preparata e corretta sottolinea l’importanza di correggere la crescita selvaggia di questi decenni che ha eletto la Cina come seconda economia mondiale, ma la addita pure come il Paese più inquinato della terra e quello in cui le disuguaglianze sociali sono cresciute di più.
Queste diseguaglianze sono anche fonti di scontento e di rivolte sociali. Un’inchiesta dell’Accademia delle Scienze sociali mostra che più del 70% dei cinesi afferma che le disuguaglianze fra ricchi e poveri sono il problema cruciale del Paese, che porta “all’odio verso i ricchi”, anche perché questa ricchezza è spesso accumulata con mezzi illeciti. Una cifra per tutte:
secondo il prof. Wang Xiaolu, dell’Istituto nazionale di economia, nel 2008 i guadagni provenienti da giri di corruzione sono 9260 miliardi di yuan (989 miliardi di euro), pari al 30% del Pil nazionale!
Di fronte a questa ferita sociale, che rischia di svuotare lo stesso sviluppo economico cinese, il plenum pensa di proporre una “crescita inclusiva”, un nuovo slogan di Hu Jintao, per indicare una distribuzione della ricchezza anche alle fasce sociali finora escluse. Tale distribuzione diviene pure una necessità perché la Cina ha bisogno di cambiare il suo modello di sviluppo: a causa della recessione mondiale essa non può più basarsi solo sulle esportazioni (ora in crisi), ma deve far crescere il consumo interno.
La “crescita inclusiva” sembra però voler fare a meno di qualunque riforma politica. Nelle scorse settimane hanno fatto molto scalpore nel mondo le proposte del premier Wen Jiabao il quale ha lanciato l’avvertimento che “senza riforme politiche, rischiamo di perdere tutto” (Cfr. AsiaNews.it, 07/09/2010 Shenzhen e le riforme politiche, le ambiguità di Wen Jiabao e Hu Jintao).
Ma le parole di Wen non sono state riportate nemmeno da Xinhua. Ciò fa supporre che vi siano differenti fazioni che combattono sulle riforme politiche, la loro entità e il loro contenuto.
Giorni fa , diversi veterani del Partito hanno difeso Wen Jiabao domandando la libertà di stampa e la fine della censura da parte dell’Ufficio di propaganda del Partito.
Un altro elemento che non fa prevedere esiti positivi per delle riforme politiche è che il premio Nobel Liu Xiaobo – insieme ai firmatari di Carta 08 - ha proprio proposto riforme politiche e per questo si trova condannato a 11 anni di prigione per “sovversione contro lo Stato”.
Un altro tema che non appare nell’agenda ufficiale del plenum è la possibile promozione del vice-presidente Xi Jinping a vice-presidente della Commissione militare centrale. Questo passo lo renderebbe di fatto erede del presidente Hu Jintao, che conclude il suo mandato entro due anni.
Xi e l’altro vicepresidente, Li Keqiang, sono da tempo designati come successori di Hu e Wen. Si dice che entrambi sono dei liberali e che potrebbero aprire loro un periodo di riforme politiche a partire dal 2012. Ma anche Hu e Wen avevano promesso riforme politiche e non le hanno mai attuate.
Secondo alcuni osservatori, la prima “riforma” potrebbe essere di rendere pubblico il dibattito all’interno del Comitato centrale, invece di mantenerlo a porte chiuse e senza la presenza di alcun giornalista.
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