Comincia l'era di Trump: il rapporto Cina-Usa e il rischio di una guerra
Nell’attesa della cerimonia di inaugurazione della presidenza Trump, l’Ufficio di propaganda del Partito comunista cinese ha vietato a tutti i giornalisti “critiche non autorizzate” alle parole o ai gesti di Trump. Secondo il grande dissidente Wei Jingsheng vi sono possibilità che Trump costringa la Cina a accordi commerciali equi, influenzando anche una riforma interna della politica e della giustizia. L’opzione di una guerra commerciale.
Washington (AsiaNews) - L’Ufficio di propaganda del Partito comunista cinese ha ordinato ai media della Cina di “maneggiare con cura” ogni articolo legato all’inaugurazione della presidenza di Donald Trump, che avverrà oggi. “Ogni articolo su Trump – si legge nella direttiva - deve essere maneggiato con cura e non è permessa alcuna critica non autorizzata delle sue parole o azioni”.
La cautela espressa in questi ordini fa a pugni con l’ironia e le critiche riversate settimane fa, dopo che Trump ha accusato la Cina di essere “un manipolatore di valuta” e di voler tassare i prodotti cinesi da export, che distruggono i posti di lavoro negli Usa. In più vi è stata la battuta sul non sentirsi obbligati a mantenere la politica dell’unica Cina, accettando una conversazione telefonica con la presidente di Taiwan.
Il timore di una guerra commerciale – e forse anche una guerra reale per il controllo del mar Cinese meridionale – è espresso da molti analisti dell’Asia, i quali concludono – come George Yeo, ex ministro degli esteri di Singapore – che è meglio per le due superpotenze non scontrarsi.
Va aggiunto che diversi dissidenti cinesi negli Stati Uniti, come Yang Jianli, si sentono onorati di partecipare alla cerimonia di inaugurazione a Washington. Essi sperano che Trump sostenga la causa dei diritti umani in una maniera più forte di quanto abbia fatto Hillary Clinton e Barack Obama, sempre ricattati dalle lobby economiche.
Per Wei Jingsheng, il “padre della democrazia” in Cina, ora esule negli Usa, ci sarà una guerra fra Cina e Stati Uniti e la Cina sarà costretta a cambiare molti aspetti della sua economia e società. Presentiamo qui una sua riflessione.
Sulla presidenza di Donald Trump siamo sicuri di alcune cose:
1) Donald Trump è il prossimo presidente degli Usa, ciò significa che una politica estera debole, come quella dell’amministrazione Obama è giunta a termine.
2) La politica fondamentale di Trump sarà quella di correggere relazioni commerciali irragionevoli e lo sforzo maggiore sarà di trasformare i rapporti di “libero scambio” in rapporti di “scambio equo”.
3) L’obbiettivo è fermo sulla nazione che ha il commercio più ingiusto, la Cina.
4) Donald Trump è pronto a evitare gli strumenti di negoziato usati in passato usando invece il blocco del mercato, cioè attuando una guerra commerciale, per forzare la Cina e altre nazioni ad accettare regole più eque.
5) La sua strategia internazionale si muove verso un alleggerimento del rapporto con la Russia per focalizzarsi sull’espansione della Cina.
6) Unirsi in alleanza con le nazioni in Asia e con l’India per sopprimere l’espansione strategica della Cina e per forzare o indurre le nazioni del Sudest asiatico a ritornare all’abbraccio con gli Stati Uniti.
Quanto elencato sopra è ciò che succede anche dapprima che Trump prenda possesso della casa Bianca. Per riassumere, possiamo vedere che il principale obbiettivo è il regime comunista in Cina. E vi sono due scopi fondamentali: uno è il rapporto commerciale Cina-Usa; l’altro è il controllo del mar Cinese orientale e meridionale. Donald Trump ha la possibilità di vincere queste due battaglie? Oppure Xi ha qualche possibilità di vincere una di queste? Proviamo a fare un’analisi un po’ rozza.
Trump deve riformare le relazioni commerciali fra Cina e Stati Uniti. L’esperienza del passato mostra che i negoziati con il governo cinese non cambiano il teppismo di quest’ultimo. Perfino il pacifista Mohandas Gandhi ha detto che quando una banda armata di ladri penetra nel villaggio, non c’è modo di negoziare, ma occorre buttarli fiori con la forza. E questo lo fa la polizia. Ora gli Stati Uniti sono in qualche modo la polizia mondiale.
Qual è l’arma degli Stati Uniti? È il mercato Usa. In passato la Cina metteva blocchi al proprio mercato invadendo gli Usa con i suoi prodotti. Ciò ha permesso ai capitalisti di Cina e Stati Uniti di avere profitti eccezionali, mentre negli Usa si perdevano un mucchio di posti di lavoro. Lo scopo finale di Trump è di equilibrare il commercio fra Cina e Stati Uniti e di accrescere il tasso di occupazione negli Usa.
Quale sarà la strategia di Trump? Premettendo che la Cina gode dei vantaggi del commercio, ma non è pronta ad aprire il suo mercato, Trump è pronto a guidare il lancio di una guerra commerciale, proteggendo il mercato Usa e bloccando gli economici prodotti cinesi dal raggiungere tale mercato. Qualunque sia la reazione della Cina, questa misura dovrebbe vincere, essa porterà a un accrescimento dell’industria manifatturiera Usa e a una crescita dell’occupazione.
Quale sarà la reazione di Xi Jinping? Come si vede sui media comunisti, un’idea utile è prepararsi a una guerra commerciale con gli Stati Uniti. Essi sperano che Trump sia come i presidenti Usa del passato, duri prima di entrare in carica e facili al compromesso coi capitalisti dopo. In tal modo la guerra commerciale diviene un bluff e tutto rimane come prima. I capitalisti sono non solo i membri del Partito comunista cinese, ma anche i capitalisti americani come la compagnia Boeing. che ha fatto una fortuna, la pensano così.
Penso che questa sia un’illusione. Lo stesso Trump non è a corto di soldi e il suo governo viene preso in giro per essere un miscuglio di persone ricche e del mondo militare: ciò rende difficile da realizzare quella alleanza tradizionale fra la politica di controllo del Partito comunista e il grande business. In tal modo Xi Jinping dovrà per forza accettare la guerra commerciale.
Tutti sappiamo che in una guerra commerciale il vincitore è chi controlla il mercato. E come in una gara fra giocatori di scacchi, il risultato si può prevedere. E come l’antico stratega [cinese] dice: calcolare la vittoria prima di entrare in guerra, assicura la vittoria anche dopo. L’unico problema di Trump è all’interno non all’esterno: convincere politici e businessmen a comprendere che la situazione non è facile.
L’entrata in guerra commerciale da parte di Xi Jinping non durerà a lungo e sarà inevitabilmente sconfitto. In Cina il tasso di disoccupazione è in crescita e la situazione non stabile per nulla. A questo punto Xi può avere due reazioni: una è lanciare una guerra per coprire i conflitti interni; l’altra è giungere a un compromesso con gli Stati Uniti accettando regole commerciali eque e proteggendo opportunità di scambio. Io penso che Xi Jinping accetterà il consiglio dei falchi militari cinesi e lancerà una guerra.
Il punto è che Trump si attende qualcosa del genere e [per questo] ha assorbito un largo gruppo di falchi dell’esercito Usa nel suo governo. Così, dopo aver tranquillizzato le relazioni con la Russia, egli spiegherà un grande potere militare nell’Asia dell’est.
Quale obbiettivo sceglierà Xi Jinping? Il Giappone e la Corea del Sud sono alleati degli Usa, con guarnigioni Usa sul territorio e con l’esercito statunitense pronto a intervenire. Se Xi inizia una guerra da qui, rischia di perdere subito.
Anche Vietnam e Taiwan non sono obbiettivi facili. Pur trovando scuse nell’attaccarli, vi sarebbe la denuncia della comunità internazionale che potrebbe perfino venire in soccorso dei due obbiettivi. [In ogni caso] un ritardo della guerra potrà portare caos in Cina.
Anche bloccare il mar Cinese meridionale contro Giappone, Corea del Sud e Taiwan non produrrà nulla. Poche piccole isole [come base] e la forza navale e aerea del regime comunista cinese possono essere sufficienti per trattare con l’aviazione e la marina di piccoli Stati nel Sudest asiatico, ma non sono capaci di opporsi a un assetto di battaglia Usa, con portaerei: queste azioni sarebbero come un prendere in mano dei sassi e distruggere i propri piedi.
Il solo oppositore che può essere sfidato con una buona scusa è la Corea del Nord. Sulla base del risolvere [il problema] del nucleare nordcoreano, questa guerra sarà tollerata e perfino assistita dalla comunità internazionale. Ma non vi è ragione per Usa, Giappone, o Corea del Sud di fermare la Cina o di aiutare la Corea del Nord. Ciò sarebbe contro la volontà della comunità internazionale e non sarebbe la scelta degli Stati Uniti.
L’unica ad essere scontenta sarebbe la Russia. La Corea del Nord è sempre stata una zona di possibile influenza per la Russia. Ma all’ovest della Russia vi è la gran della Nato, come pure lo sguardo vigile delle nazioni est-europee. E’ impossibile per la Russia aiutare la Corea del Nord e offendere la Cina, come pure [è impossibile] per Xi Jinping prendere le armi contro la Corea del Nord.
Del resto, la Corea del Nord non è un boccone facile. Vi sono state molte persone che si opponevano al regime dinastico dei Kim. Ma sotto l’influenza delle politiche oscurantistiche del Partito comunista, la resistenza contro l’aggressione sotto la bandiera del patriottismo è tuttora molto grande. E se la guerra non finisse presto, potrebbe causare instabilità interna che condurrebbe al collasso del regime in Cina.
Dopo tutte queste analisi, possiamo vedere che per Xi Jinping, scegliere una guerra produrrebbe il risultato o di una sconfitta o di un punto morto. Per questo, la migliore opzione è quella di giungere a un equo accordo commerciale con gli Stati Uniti e iniziare una riforma politica e giuridica. Va detto che l’obbiettivo di Trump non è soffocare il regime comunista, e questo non è nemmeno negli interessi degli Usa. Ciò che Trump vuole è un commercio più equo con la secondo economia al mondo.
Una riforma politica e giuridica è nell’interesse della Cina. Senza la protezione dei diritti umani non vi è incremento dei salari nella classe lavoratrice e quindi nessun ampliamento del mercato interno in Cina. Senza riforma politica e giuridica, non vi è miglioramento per il commercio, per cui le imprese tendono a fuggire in gran numero. Senza l’apertura del mercato, le imprese cinesi non possono introdurre in fretta tecnologie e organizzazioni avanzate e rischiano di non essere capaci di adattarsi alla competizione in una situazione di commercio equo.
Perciò, al di là di chi potrà essere al potere, il veloce raggiungimento di un equo accordo commerciale con gli Stati Uniti è l’unica soluzione per la Cina.