Come all’epoca di Mao: la censura cinese contro 8 libri
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Nella Cina del boom economico e della globalizzazione, la censura sui libri opera come all’epoca di Mao e contraddice i propositi dei leader politici. Lo denunciano scrittori, intellettuali ed esperti, citando la recente “non motivata” messa al bando di 8 libri.
Manca una spiegazione ufficiale per la censura degli 8 libri, che sono memorie personali o romanzate della Cina del periodo maoista, delle purghe contro gli intellettuali, del Grande balzo in avanti e della Rivoluzione culturale: questioni che il Partito comunista ritiene “molto delicate” e delle quali blocca ogni studio. Wu Shulin, vicedirettore dell’Amministrazione generale di stampa e pubblicazione (Gapp), durante un incontro interno l’11 gennaio avrebbe solo dichiarato che questi libri hanno “superato il limite” e minacciato severe punizioni per gli editori. Alcune case editrici hanno ricevuto l’ordine di non stampare più i libri incriminati, né più distribuirli.
Tra i libri ci sono le memorie di Yuan Ying (“Le altre storie della storia: i miei giorni alla Divisione integrativa del People’s Daily”). Yang è membro veterano del Partito ed ex direttore del giornale governativo People’s Daily, poi licenziato per “rivelazione di segreti di Stato”. Anche lui ha avuto notizia solo indiretta del bando e ha chiesto spiegazioni ai dirigenti del Gapp, senza avere risposta. Ma il 31 gennaio ha ricevuto la visita informale di Wu Shulin. Yuan riferisce che Wu ha ammesso che il libro non rivela nessun “segreto di Stato”, ma tratta argomenti (come la Rivoluzione Culturale, il Movimento anti-destra, aneddoti su funzionari del Partito e statali) considerati “questioni molto delicate che necessitano un attento esame”. Wu avrebbe spiegato che “il governo centrale ha emanato diversi documenti negli ultimi anni per regolare con precisione l’amministrazione delle pubblicazioni e queste regole debbono essere applicate in modo rigido”.
Liu Suli, leader nella distribuzione di libri a Pechino, vede in questo la conferma che i responsabili della censura “cercano con ogni mezzo di bloccare il dibattito sul bando e su altre discusse questioni sociali prima degli incontri del Congresso nazionale del popolo e della Conferenza politica consultiva del popolo” a marzo e del 17° Congresso del Partito comunista previsto in autunno.
Gli altri scrittori censurati non hanno avuto nemmeno una spiegazione “informale”. Il censurato “Storie del passato delle stelle dell’opera di Pechino” è di Zhang Yihe, figlia dell’ex ministro dei Trasporti Zhang Bojun colpito dalla purga del “Movimento anti-destra” del 1957. Zhang ha più volte chiesto al Gapp e allo stesso Wu la ragione del bando, senza avere risposta. Zhang insiste che una censura richiede “una contestazione ufficiale” all’autore e non può consistere solo “nella dichiarazione di un funzionario, in un ammonimento anonimo degli organi di controllo ai sottoposti o in una comunicazione scritta a una rivista o a una casa editrice”. Durante la Rivoluzione Culturale la Zhang ha passato un decennio in prigione, dal 1968, solo perché figlia di Zhang Bojun e ora molti amici la avvertono che rischia di tornare in carcere. Dice che “gli avvertimenti dei miei amici mi intristiscono… Credevo che in Cina la situazione fosse migliorata rispetto a quando fui arrestata”. “Ma la loro preoccupazione dimostra che, a lungo termine, la repressione degli intellettuali ha molto deformato le loro menti e che la gente è ancora bloccata dalla paura”.
Fu Guoyong, noto intellettuale del Zhejiang, osserva che all’epoca di Mao bastava una critica delle autorità per mettere al bando un libro o uno scrittore. Ma ora queste censure “sotto il tavolo” non sono legali e “i funzionari dovrebbero dare massima trasparenza” alle loro decisioni.
Analisti ricordano che il presidente Hu Jintao ripete che il suo obiettivo è creare una “società armonica”, intesa come una società più giusta priva di contraddizioni. A novembre il premier Wen Jiabao, parlando ad artisti e scrittori, ha ribadito che la libertà di espressione è garantita dalla legge.
Alcuni giorni fa Yan Xiaohong, vicedirettore amministrativo per la stampa e le pubblicazioni, ha negato che vi sia un bando effettivo sugli 8 libri, ma ha ammesso che vi sono state “inchieste” su di essi perché alcuni “contengono pornografie, altri possono causare problemi con le minoranze etniche e religiose e altri toccano questioni di sicurezza nazionale e segreti di stato”. (PB)