Colpire le dighe per minare gli interessi economici della dittatura birmana
Quattro operai sono rimasti feriti nell’attentato di ieri alla centrale di Thaukyegat, nella divisione di Bago. Nello Stato Kayah un uomo fermato dalla polizia per interrogatori si è fatto esplodere, ferendo quattro agenti. Venti funzionari di alto rango del regime militare, fra cui il premier, hanno abbandonato la divisa per concorrere alle elezioni politiche.
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – Una serie di esplosioni ha colpito una centrale elettrica in costruzione nella divisione di Bago, nel Myanmar centro-meridionale, ferendo quattro operai. Nello Stato orientale di Kayah, un uomo fermato dalla polizia per un interrogatorio ha innescato un ordigno, uccidendosi e ferendo quattro agenti che si trovavano nelle vicinanze. I due attentati di ieri sono solo gli ultimi di una lunga serie di violenze che hanno colpito l’ex Birmania nelle ultime settimane. Intanto diversi esponenti di primo piano della giunta militare sembrano intenzionati ad abbandonare la divisa, per concorrere alle elezioni politiche in programma entro fine anno.
Questa mattina fonti ufficiali di Kayah, in condizioni di anonimato perché non autorizzate a parlare coi media, riferiscono che un uomo, fermato dagli agenti per un interrogatorio, si è fatto saltare in aria innescando un ordigno. Il bilancio è di una vittima – il kamikaze – e quattro poliziotti feriti. Un abitante di Loikaw, città dello Stato Kayah distante circa 400 km da Yangon, conferma che “un uomo di circa 30 anni ha fatto esplodere la bomba” mentre si trovava “all’interno della stazione di polizia”. Ignote, al momento, le ragioni alla base del gesto e le modalità con cui l’attentatore ha innescato l’ordigno. Non vi sono nemmeno ulteriori dettagli sui motivi che hanno portato al fermo dell’uomo.
Sempre ieri nella divisione di Bago, tre esplosioni hanno colpito la centrale elettrica di Thaukyegat, ancora in costruzione. Il cantiere dista circa 220 km da Yangon; nell’attacco sono rimasti feriti quattro operai. Il progetto della centrale è curato dalla compagnia birmana Asia World Construction, la stessa che segue la realizzazione della diga di Myitsone, nello Stato Kachin, teatro di un attentato lo scorso 17 aprile.
Le violenze delle ultime settimane, in particolare le bombe alle dighe, sembrano colpire al cuore l’economia birmana. La giunta militare è accusata di svendere i beni e le materie prime di cui è ricca la nazione e di stringere accordi economici con Cina e India per la costruzione di impianti che riforniscano di energia i due giganti asiatici.
Negli ultimi anni sono avvenute diverse esplosioni nel Paese, ma l’escalation delle ultime settimane è un fatto eccezionale. In Myanmar vige una ferrea dittatura militare e una stretta censura verso gruppi di opposizione e attivisti per i diritti umani, mentre in diversi Stati della Federazione è in atto una lotta fra il governo centrale e le minoranze separatiste. Le violenze hanno toccato anche Yangon, ex capitale e cuore finanziario: il 15 aprile scorso, durante le celebrazioni per il Festival dell’acqua, tre bombe hanno causato una trentina di morti – 10 secondo la versione ufficiale – e oltre 170 feriti.
Intanto la giunta militare si prepara alle elezioni politiche in programma nel 2010 – il voto dovrebbe svolgersi fra ottobre e novembre – dando una nuova “veste” alla leadership che regge il Paese. Oltre 20 funzionari di alto rango, fra i quali il premier e generale Thein Sein e diversi ministri, hanno rassegnato le dimissioni dall’esercito in previsione della candidatura. Fonti interne riferiscono che il generalissimo Than Shwe, padrone assoluto del Myanmar, avrebbe designato l’attuale Primo Ministro come leader del partito.
La decisione della giunta pare un tentativo di “ripulire” l'immagine del partito che guiderà la nazione – al termine di elezioni farsa – dai legami con la leadership militare che da oltre 20 anni guida il Myanmar. Il voto, inoltre, servirà solo a rafforzare il potere del regime: la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi è agli arresti domiciliari, non può essere eletta né votare; il partito Lega nazionale per la democrazia (Nld) ha deciso di non concorrere, in segno di protesta; la Costituzione votata dalla giunta nel 2008 riserva già il 25% dei seggi del Parlamento ai militari. Il restante 75%, secondo le previsioni, verrà occupato da ex-esponenti dell’esercito o da personalità e funzionari vicini al regime.
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