26/10/2024, 11.30
SRI LANKA
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Colombo studia un ‘centro di comando’ per prevenire disastri marittimi

di Arundathie Abeysinghe

L’incidente della New Diamond and X-Press Pearl ha messo in luce “ritardi e inadeguatezze” nel sistema di tutela degli incidenti ambientali. Particolare attenzione alle acque dell’oceano, fondamentali per il settore della pesca. Vi sono anche gravi carenze nei quadri giuridici e normativi. 

Colombo (AsiaNews) - Lo Sri Lanka è sprovvisto di mezzi e capacità di prevenire i disastri marittimi. È quanto emerge da un rapporto pubblicato in questi giorni dal Comitato parlamentare ristretto (Psc), che ha studiato le risultanze dell’inchiesta collegata all’incidente - e le gravi conseguenze in tema di ambiente - della nave cargo New Diamond and X-Press Pearl, il peggiore della storia dell’isola. A causa dei ritardi nelle procedure legali, della mancanza di protocolli chiari per coinvolgere le comunità locali negli sforzi di risposta ai disastri e dell’inadeguato coordinamento tra le agenzie governative, i danni ambientali ed economici causati dal naufragio si sono ulteriormente aggravati.

A ciò si uniscono le gravi carenze nei quadri giuridici e normativi esistenti e i ritardi nei meccanismi di preparazione e risposta delle autorità competenti.

Il disastro della X-Press Pearl ha quindi messo in luce lacune e criticità nella capacità del Paese di prevenire e gestire gli incidenti in mare e le conseguenze collegate all’inquinamento delle acque. Se il porto indiano di Hazira avesse avvertito quello Colombo della perdita di acido nitrico a bordo della nave in arrivo, infatti, il disastro avrebbe potuto essere evitato. Da qui la proposta di introdurre un cosiddetto Certificato di Partenza (CoD) dai porti prima dell’accettazione delle navi nelle sue acque territoriali e soprattutto prima dell’ingresso in qualsiasi porto dell’isola. Inoltre, gli esperti avvertono della necessità di “sanzioni più severe per gli operatori e gli armatori che non rispettano le norme di sicurezza e la necessità di migliorare ulteriormente la collaborazione internazionale per prevenire futuri disastri”.

“È necessario - spiegano - che le agenzie dello Sri Lanka coinvolte in questioni legate agli oceani istituiscano e riconoscano una catena di comando di azione rapida, per produrre e presentare al Parlamento relazioni trimestrali sulle attività e sullo stato delle zone marittime”. Implementare un sistema avanzato di tracciamento e monitoraggio delle navi, con dati in tempo reale su condizioni del carico, modelli meteorologici e movimenti delle navi, aggiungono, aiuterebbe “a individuare precocemente i potenziali rischi” e di “intervenire tempestivamente”.

Il comitato ristretto ha presentato il mese scorso la relazione al Parlamento.  

Sachini Galapatti e Nalinda Hewawitharana, studiosi con base nel Queensland, in Australia, riferiscono ad AsiaNews che “i due disastri hanno causato danni gravi e duraturi all’ambiente marino. Secondo l’International Pollutants Elimination Network, a causa del disastro della X-Press Pearl, tonnellate di pellet e altri inquinanti sono finiti sulle spiagge del Paese e hanno danneggiato l’ecosistema marino”. Il carico era composto da miliardi di materiali di plastica, il cui sversamento nelle acque ha danneggiato l’ecosistema, l’industria del turismo e la reputazione di destinazione “green” per la nazione. Fra le conseguenze dell’incidente, aggiungono, la “fuoriuscita di petrolio e sostanze chimiche pericolose, che hanno avuto un impatto sulla vita marina, sugli ecosistemi costieri e sulle comunità locali che dipendono da queste risorse”.

Secondo un’analisi basata sulla normativa internazionale relativa alle merci pericolose in mare (Imdg), il manifesto di carico ha rivelato che almeno 81 dei 1.486 container a bordo della MV X-Press trasportavano 15 categorie distinte di materiali pericolosi. Tra questi, sottolineano Sachini e Nalinda, vi sono “25 tonnellate di acido nitrico”. Questi disastri hanno avuto un grave impatto sull’industria della pesca nazionale, con oltre 20mila famiglie di pescatori e circa 16mila operatori del settore colpiti. Inoltre, lo sversamento di sostanze chimiche pericolose ha ucciso oltre 300 animali marini, tra cui tartarughe, delfini e balene.

Navindra Igalawithana e Oshantha Samarasekara, esperti del settore, spiegano che “le risposte a sono state caratterizzate da ritardi e inadeguatezze, soprattutto in termini di azioni immediate per mitigare l’impatto ambientale”. Un altro inconveniente è rappresentato dalla mancanza di preparazione e dalle risorse insufficienti, come carenze critiche nella gestione di queste crisi. Fra le proposte quella di istituire “un ministero dedicato all’Oceano e unificare le agenzie marittime sotto un unico quadro amministrativo per migliorare il coordinamento durante le emergenze. È inoltre necessario - concludono - rafforzare il quadro giuridico, promuovere la ricerca oceanografica e istituire un’agenzia marittima della Guardia Costiera all’interno della Marina” e imporre “ispezioni e verifiche regolari delle navi che trasportano merci pericolose”.

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