Cisgiordania: i coloni bruciano moschee. Pericolo di conflitto interreligioso
Due casi, a Gerusalemme e Ramallah, negli ultimi tre giorni. Sono almeno otto i casi del genere da qualche mese a questa parte. Critiche al governo per l’atteggiamento troppo morbido verso i coloni estremisti.
Ramallah (AsiaNews/Agenzie) – Una moschea a Burqa, nei pressi di Ramallah, è stata profanata e incendiata, probabilmente da coloni israeliani ieri notte; e questa notte due auto appartenenti a palestinesi hanno subito la stessa sorte. E’ il secondo caso del genere negli ultimi tre giorni, e l’ottavo negli ultimi mesi. La moschea di Burqa è stata forzata prima dell'alba da ignoti che hanno poi dato fuoco a tappeti e arredi. Sulle mura sono state tracciate scritte razziste (come “l'unico arabo buono è l'arabo morto”) tipiche delle incursioni antipalestinesi condotte dai coloni ultrà. Il rogo di Burqa segue in effetti di appena un giorno quello appiccato il 14 dicembre in una moschea nel centro di Gerusalemme. Il clima di violenza ha indotto il presidente Shimon Peres a convocare oggi nella sua residenza alcuni leader della rappresentanza ufficiale dei coloni e i loro rabbini di riferimento. Peres li ha avvertiti che l'ondata di violenze di questi giorni e' ''una sciagura'' e che le provocazioni e le illegalità degli ultrà ''devono cessare''.
Ma i palestinesi si attendono qualche cosa di più di semplici avvertimenti. Il portavoce dell'Autorità nazionale palestinese Nabil Abu Rudeinah, ha definito questi episodi ”un atto di guerra”, accusando Israele di complicità per non saperli prevenire e invocando “passi concreti” da parte della comunità internazionale. Il Primo ministro ha annunciato “un giro di vite” contro la violenza praticata dai coloni. Il quotidiano Haaretz riporta fonti dello Stato maggiore israeliano, secondo le quali Netanyahu glissa troppo facilmente sulla diffusa omertà che protegge i facinorosi negli insediamenti. L'ex vice procuratore militare israeliano Ilan Katz ha liquidato le misure evocate dal capo del governo come “un bluff insufficiente": ben lontano dal poter scalfire ”la sostanziale impunità” goduta finora dai coloni militanti.
Critiche pesanti al governo vengono anche dai parlamentari arabi alla Knesset. Talab El-Sana ha visitato ieri la moschea bruciata e ha dichiarato: “Chiunque abbia compiuto questo atto è una persona senza Dio e valori, E’ nemico dell’islam e dell’ebraismo. Questo gesto criminale deve essere visto come un atto di terrorismo. E’ responsabilità del governo proteggere i luoghi sacri. Chi ha bruciato la moschea vuole creare guerra in questa regione e il silenzio del governo gli dà via libera”.
Netanyahu ha cercato ieri di ridimensionare il fenomeno, parlando di '”una minoranza”' di esagitati che vanno considerati ”estremisti e anarchici, non terroristi”. Una posizione giudicata troppo morbida da quanti vedono che si sta avvicinando un punto pericoloso di conflitto interreligioso. Shaul Mofaz, capo della Commissione difesa ed esteri, della Knesset, ha dichiarato: “Il tempo delle denunce è passato. E’ ora di agire. Bisogna mettere fine a questa attività terroristica”.
Ma i palestinesi si attendono qualche cosa di più di semplici avvertimenti. Il portavoce dell'Autorità nazionale palestinese Nabil Abu Rudeinah, ha definito questi episodi ”un atto di guerra”, accusando Israele di complicità per non saperli prevenire e invocando “passi concreti” da parte della comunità internazionale. Il Primo ministro ha annunciato “un giro di vite” contro la violenza praticata dai coloni. Il quotidiano Haaretz riporta fonti dello Stato maggiore israeliano, secondo le quali Netanyahu glissa troppo facilmente sulla diffusa omertà che protegge i facinorosi negli insediamenti. L'ex vice procuratore militare israeliano Ilan Katz ha liquidato le misure evocate dal capo del governo come “un bluff insufficiente": ben lontano dal poter scalfire ”la sostanziale impunità” goduta finora dai coloni militanti.
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