Cina e Nepal uniti per reprimere le manifestazioni dei tibetani nepalesi
Kathmandu (AsiaNews) – I leader tibetani chiedono al governo maoista nepalese di non sacrificare la libertà di parola in nome di un qualsiasi trattato fra Cina e Nepal. L’invito arriva all’indomani dell’annuncio di Kathmandu di aver promesso a Pechino che non vi saranno “attività anticinesi” in occasione del 50° anniversario della rivolta del Tibet, in programma domani 10 marzo.
Samdhong Rinpoche, primo ministro del governo tibetano in esilio, ricorda che il Nepal è “una nazione sovrana e democratica”, che agisce in base a disposizioni interne piuttosto che su “direttive” provenienti da potenze “straniere”. In Nepal vivono oltre 20mila profughi tibetani: Rinpoche ricorda che “non vi sono mai stati problemi” per la comunità tibetana e auspica che non ve ne siano “nemmeno in futuro”.
La scorsa settimana Liu Jieyi, assistente del Ministro cinese degli esteri, ha consegnato al capo della diplomazia nepalese Suresh Prasad Pradhan una bozza riguardante un nuovo “trattato di pace e amicizia”. Il passaggio è avvenuto la scorsa settimana, durante la visita ufficiale del rappresentante cinese in Nepal. Secondo Pechino esso servirà a indirizzare il nuovo governo, dopo l’abolizione della monarchia nel Paese. Diversi leader tibetani in India temono che il “nuovo trattato” servirà come pretesto per reprimere ogni dimostrazione anti-cinese.
Il governo maoista ha peraltro ribadito di seguire la politica di “un’unica Cina” ed esige che non si usi il territorio nepalese per proteste contro il potente vicino. Per questo ha creato una “zona di pace” nei pressi dell’ambasciata cinese a Kathmandu, all’interno della quale sono state rafforzate le misure di sicurezza ed è proibita ogni tipo di manifestazione.