Cina e Giappone cercano un riavvicinamento
Il governo cinese, dopo le polemiche per le contestate visite di Koizumi al tempio Yasukuni, si rivolge ad altri esponenti politici ed economici. A fine marzo importante visita a Hu Jintao di una delegazione giapponese.
Tokyo (AsiaNews) - Può rappresentare un passo importante nel riavvicinamento tra Giappone e Cina l'incontro che avverrà venerdì 31 marzo a Pechino tra una delegazione di sette gruppi giapponesi amici della Cina e il presidente Hu Jintao. Secondo fonti cinesi, il discorso del presidente vuole essere un messaggio al popolo giapponese. Se il contenuto del discorso sarà conforme alla bozza che il quotidiano Asahi è riuscito a ottenere, in esso non ci sarà alcun riferimento diretto al problema delle visite del primo ministro giapponese al tempio contestato di Yasukuni dove sono onorati, assieme a 2 milioni e mezzi di caduti per la patria, anche 14 grandi criminali di guerra. Tuttavia egli ricorderà le dichiarazioni congiunte del 1972 e 1998, nelle quali le due nazioni si impegnano a riconoscere la verità storica con chiarezza e sincerità.
Proprio le difficoltà che esistono tra i due Paesi hanno infatti finora impedito all'Asia di intraprendere il cammino di integrazione che l'Europa ha saputo iniziare fin dal dopoguerra, Non che Cina e Giappone non sappiano leggere i segni dei tempi. Nel dicembre del 1997 i leader dei 10 membri del gruppo ASEAN (Indonesia, Malaysia, Filippine, Singapore, Tailandia, Brunei Vietnam, Laos, Myanmar, Cambogia), su invito di Cina, Giappone e Corea del sud, incontratisi a Pechino, hanno creato il "Forum ASEAN piú tre". L'intesa programmatica sembrava così promettente che si parlò dell'avvenimento come l'"alba della Comunità dell'Asia Orientale" (EAC).
Il 25 di febbraio di quest'anno su iniziativa della Japan Foundation, un gruppo di 50 politici, giornalisti e ricercatori giapponesi e del sud-est asiatico, convenuti a Manila per un simposio sulla costruzione della comunità asiatica non hanno esitato a parlare di regressione. "L'EAC, hanno confessato, è ancora a 'mezzanotte'"; siamo lontani dall'"alba". Le cattive relazioni tra Giappone e Cina ne sono la causa. Dall'ottobre del 2001 ad oggi il presidente cinese Hu Jintao e il primo ministro giapponese Junichiro Koizumi non si sono mai incontrati nei rispettivi Paesi. Il leader della Cina rifiuta di accogliere a Pechino un primo ministro del Giappone che, da quando è al potere, visita ogni anno il tempio shintoista Yasukuni.
Tuttavia, pur prendendo atto della gravità della frizione, si cadrebbe in un esagerato pessimismo se si ritenesse che i due governi sono al limite della rottura. Al contrario negli ultimi mesi ci sono stati comportamenti che fanno pensare a un ribaltamento di politica da parte della Cina nei confronti del Giappone. Ne indichiamo tre. Innanzitutto in Giappone ci sono persone a vari livelli che simpatizzano per la Cina; e in Cina non sono pochi i simpatizzanti per il Giappone. E questo sia per motivi economici che culturali. Secondo: la diplomazia cinese, preso atto della irremovibilità di Koizumi ha deciso di evitarlo e nello stesso tempo di moltiplicare i contatti con altri membri del governo e del mondo politico giapponesi. Per esempio, durante un recente viaggio in Giappone, il vice-ministro degli esteri cinese Dai Bingguo ha fatto visita non al primo ministro, ma a Shinzo Abe, segretario-capo del gabinetto, il più quotato come successore di Koizumi. che lascerà la carica a settembre. I dirigenti cinesi stanno dunque operando in vista del post-Koizumi. Questi, pur non rinunciando alle sue visite allo Yasukuni, non è un irresponsabile e dietro le quinte favorisce questi contatti governativi con Pechino. Nell'ultimo rimpasto del gabinetto ha nominato ministro dell' industria e commercio Toshihiro Nikai, noto per i suoi cordiali rapporti con i circoli cinesi. Il mese scorso il premier cinese Wen Jiabao, incontrando Nikai a Pechino, gli ha espresso il suo desiderio di un ravvicinamento dei due governi. Infine ai vertici della Cina preme lanciare un messaggio di simpatia al popolo giapponese distinguendolo dai suoi governanti.