Cina, il terremoto non ferma arresti e controlli
Il rapporto mensile del Chinese Human Rights Defenders sottolinea le violazioni e gli abusi contro giornalisti scomodi, dissidenti e semplici fedeli avvenute nel mese di maggio, mentre il Paese piange le vittime della scossa del Sichuan. Per le Olimpiadi, il governo bada soltanto alla stabilità sociale. Il Tibet ancora sotto la morsa della repressione: manifestanti anti-cinesi muoiono in carcere per le torture.
Pechino (AsiaNews) – Mentre continua a salire il numero delle vittime provocate dal disastroso terremoto nel Sichuan, il governo cinese non ferma la sua campagna di repressione nei confronti di giornalisti scomodi, dissidenti e semplici fedeli. A pochi mesi dall’inizio delle Olimpiadi, infatti, Pechino vuole garantire la massima “stabilità sociale”, e, per fare questo, utilizza arresti sommari, detenzioni arbitrarie e minacce alla popolazione.
Lo denuncia il rapporto mensile del Chinese Human Rights Defenders, organizzazione che si occupa del rispetto dei diritti umani in Cina. Secondo gli autori, la corruzione dei dirigenti locali e l’aumento del tasso di inquinamento sono fra le cause principali del malcontento popolare. Su tutto questo dominano però le prossime Olimpiadi, che hanno aumentato i rischi per coloro che denunciano le malefatte del governo.
L’inquinamento, si legge nel testo, continua a scatenare manifestazioni spontanee per tutta la nazione. Il 4 maggio, la polizia della provincia orientale del Zhejiang ha picchiato in maniera grave sette manifestanti che cercavano di fermare una fabbrica altamente inquinante, mentre quattro attivisti sono stati arrestati per aver “incitato” una protesta contro gli scarichi industriali.
Nel frattempo, mentre aumenta il numero delle vittime del terremoto nel Sichuan, la popolazione locale accusa il governo per i materiali di pessima qualità con cui erano stati costruiti gli edifici collassati. Il giorno dopo la scossa, il 13 maggio, le autorità dello Shandong hanno condannato un noto giornalista anti-corruzione a quattro anni di galera. Aveva esposto le truffe dei dirigenti negli appalti pubblici.
Stessa sorte per il noto scrittore ed attivista Zhou Yuanzhi, arrestato il 3 maggio per “aver messo in pericolo la sicurezza statale” ed “aver comunicato all’estero segreti di Stato”. In realtà, Zhou è stato punito per i suoi articoli, che denunciano le violazioni ai diritti umani commessi nella provincia centrale dell’Hubei.
Ancora tesa anche la situazione in Tibet. Secondo fonti locali, alcuni dei manifestanti anti-cinesi arrestati dopo gli scontri di marzo sono morti in prigione a seguito delle torture subite. Inoltre, le famiglie degli arrestati sono costrette a pagare delle enormi cauzioni per ottenere la scarcerazione dei propri cari. Al momento, all’esterno del tempio Ramoche di Lhasa (uno dei più importanti della regione) stazionano in maniera stabile agenti di polizia in borghese che controllano entrate ed uscite.
In tutto questo non manca la componente olimpica. Il 6 maggio, la polizia di Pechino ha arrestato il noto attivista Wang Guilian, “colpevole” di aver presentato una petizione di protesta al governo centrale. La sua detenzione, dicono alcune fonti, sarà prolungata sino alla fine dei Giochi. Insieme a lui, centinaia di altri cittadini che hanno cercato invano di far ascoltare la propria voce contro requisizione di terreni ed abusi da parte dei governi locali.
Infine, non manca la persecuzione religiosa. L’11 maggio, la polizia di Pechino è entrata con la forza nella chiesa cristiana Shouwang ed ha interrotto la funzione che si stava svolgendo all’interno. I partecipanti sono stati costretti a mostrare i documenti e a farsi schedare dalle forze dell'ordine.
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