20/10/2010, 00.00
CINA
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Cina, aumentano a sorpresa i tassi di interesse

Dopo tre anni, a Borse chiuse, la Banca centrale ha fissato il costo dei prestiti bancari al 5,56% e quello sui depositi al 2,5%. Tuttavia, gli analisti avvertono: serve un raffreddamento del settore immobiliare e una stretta sull’inflazione. Il rischio “è quello di una rivolta sociale”.

Pechino (AsiaNews) - La Banca popolare cinese ha aumentato ieri, a mercati già chiusi, i tassi di interesse di 25 punti base portando dopo tre anni il costo dei prestiti bancari al 5,56% e quelli sui depositi al 2,5%. La banca centrale ha voluto così lanciare un segnale di contrasto all’inflazione che, almeno nel settore alimentare, ha ripreso a crescere.

Ma anche il settore immobiliare, a giudizio dei banchieri cinesi, ha bisogno di un “raffreddamento” per scongiurare il pericolo di una bolla immobiliare che potrebbe gonfiarsi sulla scorta dei tassi di Pil crescenti, dell’aumento dei prezzi e della massa di liquidità in circolo del Paese orientale.

Quindi l’aumento del costo del denaro rappresenta una misura cautelativa nei confronti di un’espansione vigorosa su cui aumentare il controllo monetario per evitare una brusca, e dolorosa, frenata. Anche a costo di diminuire la corsa dell’economia reale, conseguente all’attuale stretta creditizia che potrebbe essere il “primo atto” di una strategia di ridimensionamento della massa monetaria.

In questa strategia potrebbe inserirsi anche la decisione di far calare lo yuan. La moneta nazionale cinese, infatti, non è soggetta al mercato valutario internazionale, ma viene decisa di imperio da Pechino. Oggi, infatti, lo yuan ha segnato il maggior calo contro il dollaro da due mesi a questa parte. Pesano le speculazioni secondo cui, con il rialzo dei tassi d’interesse effettuato da Pechino, non c’è bisogno di un apprezzamento della valuta cinese per tenere a bada l’inflazione in Cina.

Oggi la Banca centrale ha fissato il cambio di riferimento col biglietto verde a 6,6754 yuan per dollaro, in ribasso dello 0,3%: si tratta della quotazione più bassa da agosto. Sul mercato di Shanghai la valuta cinese è calata a 6,6519 yuan per dollaro da 6,6447 di ieri, il maggior calo dal 22 giugno scorso.

Le autorità cercano in questo modo di tenere a bada i problemi sociali che potrebbero derivare dall’enorme crescita industriale e dalla conseguente, possibile inflazione. Nei primi 9 mesi dell’anno, infatti, la produzione industriale in Cina ha registrato una crescita del 16,3% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Nei primi 8 mesi il tasso di espansione era del 16,6%. Il ministero dell’Industria prevede che per l’intero anno la produzione industriale avrà una crescita superiore al 13% rispetto al 2009.

Tutta questa massa di denaro in circolo preoccupa Pechino. L’inflazione, i cui dati interni dovrebbero essere resi pubblici domani, potrebbe infatti creare dei contraccolpi sociali enormi al dragone: calando la capacità di acquisto dell’enorme classe medio-bassa (almeno 800 milioni di persone) il governo potrebbe dover rispondere del calo del tasso della vita.

Fino a oggi, l’inflazione è stata camuffata con un presunto “aggiustamento dei prezzi”. Ma i prezzi dei beni di consumo primario – come alimentari e concimi per l’agricoltura – sono cresciuti dell’8,5 %, bloccando di fatto la capacità d’acquisto di una larga parte della popolazione. Il rischio è che il Paese risponda con una maggiore emissione di valuta, una mossa che secondo gli analisti “potrebbe scatenare la rivolta sociale”.
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